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Sono forse io, maestra? – L’editoriale di Marco Travaglio [1/10/2023]

La Meloni teme che i soliti noti stiano preparandole la forca, o la pira, dell’ennesimo governo tecnico. E i soliti noti, tramite i soliti giornaloni, rispondono fischiettando “Sono forse io, maestra?”, come Giuda Iscariota nell’ultima cena, quando Gesù confida ai Dodici che uno lo tradirà.
Giorgia Meloni

Sono forse io, maestra?

di Marco Travaglio

La Meloni teme che i soliti noti stiano preparandole la forca, o la pira, dell’ennesimo governo tecnico. E i soliti noti, tramite i soliti giornaloni, rispondono fischiettando “Sono forse io, maestra?”, come Giuda Iscariota nell’ultima cena, quando Gesù confida ai Dodici che uno lo tradirà. Ma Giuda non aveva confidato a nessuno il suo inciucio con i sommi sacerdoti (anche se non aveva calcolato che con l’Onnisciente non c’era segreto che tenesse); invece il fan club dei tecnici non riesce a tenersi un cecio in bocca, infatti è da quest’estate che si eccita per il golpe bianco. È bastato che lo spirito guida Draghi e il suo valletto Enrico Letta accettassero due strapuntini in Europa (scriveranno nientemeno che un rapporto sulla competitività e una relazione sul futuro del mercato unico: roba forte) per scatenare gridolini di giubilo e polluzioni fra i signorini grandi firme. L’udienza di Gentiloni, parlandone da sveglio, al Quirinale e il ritorno dello spread a 200 punti han fatto il resto nel nostro establishment, notoriamente allergico alla democrazia e alla sovranità popolare. Probabilmente non c’è una congiura, che fra l’altro non avrebbe i numeri, a meno che Meloni, Salvini e Conte non bràmino il suicidio (lo sport preferito del Pd). C’è solo l’ennesimo riflesso condizionato di un piccolo mondo antico che sfila da anni al proprio funerale come se il morto fosse un altro. E, ogni volta che il popolo bue sbaglia a votare, prima lo scomunica come “populista” o “sovranista”, poi cerca un banchiere o un tecnocrate pret à porter per ribaltare le elezioni.

Fanno tenerezza i Cavalieri Gedi di Stampubblica che irridono l’“ossessione complottista” meloniana dopo aver esaltato per 12 anni i Monti e i Draghi e pubblicato negli ultimi due mesi editoriali e retroscena sul ritorno di SuperMario con Agenda incorporata, o in alternativa su Fabio Panetta come “Draghi di destra” (l’originale è notoriamente di sinistra), ma anche su Gentiloni al posto della “grillina” e “massimalista” Schlein, sull’”Europa” e i “mercati” che agitano “lo spettro del governo tecnico” per stringere un bel “cordone di sicurezza intorno all’Italia”. Prima confessano, poi fanno gli gnorri. A scanso d’equivoci e per quel vale, i lettori sanno già dove troverebbero il Fatto se dall’empireo calasse un altro “tecnico”: all’opposizione solitaria, come nel 2011 quando Monti rimpiazzò il pessimo governo B. e nel 2021 quando Draghi subentrò all’ottimo governo Conte2. Anche il governo Meloni è pessimo, ma un anno fa ha avuto dagli elettori votanti la maggioranza in Parlamento. Se crolla, sono gli elettori che devono fare mea culpa e decidere chi metterci al posto. Il peggior governo politico è sempre meno peggio del miglior governo tecnico.

Il Fatto Quotidiano, 1 ottobre 2023

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