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In Gubbio pro reo – L’editoriale di Marco Travaglio [21/01/2024]

Marco Travaglio critica Elly Schlein per le sue recenti dichiarazioni su Giorgia Meloni, confrontandola a Silvio Berlusconi

L’articolo di Marco Travaglio esprime una critica nei confronti di Elly Schlein per le sue recenti dichiarazioni su Giorgia Meloni, confrontandola a Silvio Berlusconi. Travaglio sostiene che Schlein non riesce a comprendere pienamente la natura e le differenze tra Berlusconi e Meloni. Descrive Berlusconi come un uomo estremamente ricco, violatore di leggi, con legami con la mafia e la P2, e come proprietario di un vasto impero editoriale, oltre ad avere un grave conflitto di interessi. Secondo Travaglio, la debolezza della sinistra italiana negli anni passati ha contribuito alla lunga permanenza di Berlusconi al potere. Meloni, sebbene critica nei confronti della satira e del giornalismo libero, non ha raggiunto il livello di controllo mediatico e politico di Berlusconi. Travaglio conclude che per combattere efficacemente la destra, è necessario comprendere la sua natura e le sue debolezze, citando Marx sulla ripetizione della storia prima come tragedia e poi come farsa, applicabile sia alla destra che alla sinistra.

di Marco Travaglio

Noi, malgrado tutto, continuiamo a tifare per Elly Schlein. Ma lei ogni tanto dovrebbe darci un motivo per farlo. A Gubbio ha detto che “Meloni è riuscita a superare Berlusconi. Questo livello di attacchi al giornalismo libero e d’inchiesta… manco ai tempi degli editti bulgari. Dovranno inventare un nuovo tipo di editti, non so, gli editti ungheresi…”. Parole in libertà, comprensibili in bocca a uno dei tanti centrosinistri che a B. non fecero mai vera opposizione, non abolirono una sola legge vergogna, non approvarono una legge antitrust e sul conflitto d’interessi, non lo dichiararono ineleggibile, anzi ci governarono con Monti, Letta e Draghi. Ma non in bocca alla Schlein, che per questi motivi contestò il Pd nel 2013 e ne uscì nel 2015 quando Renzi ne completò la berlusconizzazione. Se B. durò 30 anni fu perché la “sinistra” non capiva (o fingeva di non capire) chi fosse. Ora la Schlein dimostra di non aver capito né chi era B., né chi è la Meloni. Che infatti non perde un voto e il Pd non ne guadagna uno.

B. era uno degli uomini più ricchi del mondo, un violatore di leggi da record mondiale, un finanziatore della mafia, un affiliato alla P2, un imprenditore favorito da tutti i governi (quelli del Caf, poi i suoi e quelli dei “nemici”), il boss del più gigantesco impero editoriale d’Europa, il titolare del più monumentale conflitto d’interessi d’Occidente, un mancato galeotto grazie a giudici, testimoni e finanzieri comprati e a 80 leggi ad personam, un frodatore fiscale da Guinness, un puttaniere ricattabile e ricattato, uno che portava in Parlamento e/o al governo i suoi avvocati, compari, complici, Papi girl, corrotti, corruttori (Previti), ufficiali di collegamento con Cosa Nostra (Dell’Utri e D’Alì), Camorra (Cosentino) e ’Ndrangheta (Matacena e, stando alla condanna in tribunale, Pittelli). Con l’editto bulgaro, così detto perché emanato a Sofia (che c’entra ora l’Ungheria?), ordinò da premier ai suoi vertici Rai di far sparire il più noto giornalista vivente, Biagi, il primo conduttore tv, Santoro, e uno dei migliori satiristi, Luttazzi. I quali, siccome possedeva Mediaset e controllava La7, scomparvero da tutte le tv. Meloni&C., per quanto allergici alla satira e al vero giornalismo (come tre quarti di Pd: quelli che, da renziani, cacciarono dalla Rai Gabanelli, Giannini, Giletti, Porro e, da lettiani, volevano far fuori la Berlinguer e Orsini), non hanno epurato nessuno. Non che non ci provino: è che sono degli incapaci da competizione. Sono dei B. che non ce l’hanno fatta. Vanno combattuti, ma per farlo bisogna conoscerne la natura e i punti deboli. Diceva Marx: “La storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa”. Vale per la destra, ma purtroppo anche per la sinistra.

Il Fatto Quotidiano, 21 gennaio 2024

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