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L’Autostrada della Seta – L’editoriale di Marco Travaglio [17/11/2023]

Nell’editoriale di oggi, 17 novembre 2023, Marco Travaglio discute le recenti dinamiche geopolitiche, mettendo in luce le contraddizioni tra le posizioni politiche degli Stati Uniti e quelle di alcuni commentatori italiani.
Xi Jinping e Biden

Nell’editoriale di oggi, 17 novembre 2023, Marco Travaglio discute le recenti dinamiche geopolitiche, mettendo in luce le contraddizioni tra le posizioni politiche degli Stati Uniti e quelle di alcuni commentatori italiani. Travaglio critica la percezione di un conflitto imminente con la Russia e la Cina, sottolineando che gli Stati Uniti stanno cercando di trovare un terreno comune con entrambi i paesi. Esprime anche preoccupazione per la situazione in Israele e Palestina, e critica la rappresentazione unilaterale del conflitto.

di Marco Travaglio

Leggiamo dell’idillio sbocciato fra Xi Jinping e Biden (al netto della gaffe d’ordinanza del nonnetto scoreggine) e il nostro pensiero solidale corre alle migliori firme del bigoncio atlantista: quelle che da mesi intimano al governo di cancellare la Via della Seta per compiacere il padrone americano. Solo che, essendo impiegati di ultimo livello, ricevono gli ordini in ritardo e finiscono per obbedire sempre ai penultimi. Mai agli ultimi, che di solito sono contrordini. Infatti restano tutti asserragliati nella jungla con scolapasta in testa e fuciletto a tappo puntato su Mosca e Pechino, perché il padrone s’è scordato di avvisarli che la guerra alla Russia è persa e quella alla Cina è rinviata a data da destinarsi causa bel tempo. Finirà che le Sturmtruppen, sempre fuori sincrono, continueranno a chiedere armi per Zelensky quando gli Usa avranno smesso di inviarne da un pezzo perché si saranno accordati con Putin; e a bombardare la Via della Seta quando Washington e i governi europei più furbi del nostro (cioè tutti: ci vuol poco) avranno già firmato l’Autostrada della Seta.

Idem per Israele: se il criminale di guerra Netanyahu, dopo le stragi negli ospedali di Gaza per sequestrare qualche fucile e la distruzione del Parlamento palestinese (gesto simbolico terrificante, specie per un Paese democratico), proseguirà nel delirio di svuotare la Striscia e deportarne i 2,3 milioni di abitanti non si sa bene dove (il Sinai è dell’Egitto, che tiene le frontiere sigillate), gli Usa non potranno che fermarlo. E ancora una volta le Sturmtruppen resteranno sole a ripetere litanie insensate tipo “Israele è l’aggredito e Hamas è l’aggressore” e “Israele ha diritto di difendersi”, come se il massacro di Gaza non fosse aggressione, ma autodifesa. Poi con calma, arriveranno i contrordini americani e gli impiegatucci nostrani, con i loro tempi, inizieranno a dire che in effetti Israele aveva un po’ esagerato. Come stanno già facendo alla chetichella sull’Ucraina: niente più liste di putiniani né mantra tipo “aggressore e aggredito” e “pace giusta=ritiro dei russi” ma auspici di un compromesso Mosca-Kiev che, a pensarci due anni fa, ci avrebbe risparmiato la guerra e, un anno fa, avrebbe salvato oltre 200 mila vite. Basta aspettare. Nell’attesa, massima solidarietà ai nostri atlantisti smarriti: pure Biden gli è diventato fìlorusso e filocinese, e mo’? Ricordano Alberto Sordi in Tutti a casa dopo l’armistizio: “Signor colonnello, è accaduta una cosa incredibile! I tedeschi si sono alleati con gli americani e ci sparano addosso!” Diceva Corrado Guzzanti nei panni di Emilio Fede: “Berlusconi finché era qui potevo aiutarlo, fargli i servizi. Ma ora è sempre in giro: è difficile leccare un culo in movimento”.

Il Fatto Quotidiano, 17 novembre 2023

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