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Te ne vai o no – L’editoriale di Marco Travaglio [12/12/2023]

Marco Travaglio commenta l'appello di Giuseppe Conte a Meloni: “Via Delmastro, Santanchè e Sgarbi. Spetta a lei salvaguardare l'onore e il prestigio delle istituzioni”
Conte chiede alla Meloni di far dimettere Santanchè, Delmastro e Sgarbi

di Marco Travaglio

Conte chiede alla Meloni di far dimettere Santanchè, Delmastro e Sgarbi. La Santanchè risponde con una risata e un bacio. Sgarbi dice parole a caso: “Conte, prima di parlare delle mie consulenze, si occupi delle sue: da Retelit ad Acqua Marcia” (perfettamente lecite e risalenti a quando Conte faceva l’avvocato, prima di chiudere lo studio nel 2018 quando divenne premier e mai più riaprirlo da leader 5S, mentre Sgarbi continua a incassare soldi da privati mentre è – o proprio perché è – sottosegretario). Crosetto, chissà perché, si sente chiamato in causa anche se nessuno lo nomina e perde un’altra occasione per tacere: “Io sono un garantista da sempre anche con gli avversari. Delmastro è stato rinviato a giudizio con la richiesta del pm di non rinviarlo a giudizio, il che mi dà l’idea di come potrebbe andare a finire (per il noto garantista il pm conta più del giudice, ndr). Santanchè non mi pare abbia nulla sul piano giudiziario (è solo indagata per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio, ndr). Su Sgarbi non mi pare ci sia nulla di giudiziario (a parte una condanna definitiva per truffa allo Stato, due indagini appena chiuse per sottrazione fraudolenta e per esportazione illecita di un quadro, ndr). Quindi bisognerebbe dimettersi per articoli di giornali amici di Conte? Ha una bella idea di democrazia…”. In effetti nelle democrazie – a lui ignote – ci si dimette anche per articoli di giornale, se i fatti sono gravi e certi: vedi Nixon sul Watergate svelato dal Washington Post.

Perciò pensiamo che Conte abbia torto su Delmastro: il livello di segretezza del documento passato a Donzelli è ancora controverso e comunque era già noto alla stampa. Invece Conte ha ragione su Santanchè e Sgarbi: per quanto è emerso dalle indagini giudiziarie e giornalistiche (le nostre), dovrebbero andarsene subito. Non tutti i pubblici ufficiali indagati o imputati o condannati in via provvisoria o inchiodati dalla libera stampa devono dimettersi: dipende dai fatti accertati e dalla loro compatibilità con la “disciplina e onore” imposti dalla Costituzione. E la compatibilità devono deciderla, con spiegazioni pubbliche e criteri trasparenti uguali per tutti (amici e nemici), i leader di governo e di partito: assumendosi la responsabilità e le conseguenze di una cacciata o di una difesa. Nel 2019 Conte era premier e si scontrò con Salvini mettendo alla porta il suo fido sottosegretario Siri: non perché era indagato, ma perché emergevano rapporti col socio di un prestanome di Messina Denaro. Subito dopo, il viceministro leghista Rixi fu condannato in primo grado per le spese pazze in Liguria e si dimise sua sponte. Poi fu assolto e ora è di nuovo viceministro. Persino l’Italia, dal 2018 al 2021, è sembrata una democrazia. Poi ha smesso.

Il Fatto Quotidiano, 12 dicembre 2023

* * *

Testo della lettera di Giuseppe Conte, pubblicata su Repubblica l’11 dicembre 2023

“Cara Meloni, scelga fra l’Italia e il suo cerchio magico”

Presidente Meloni, in un video Lei si è rivolta ai cittadini sostenendo di aver portato al Governo «l’Italia di quelli che si sono sempre rimboccati le maniche ma sono stati puntualmente scavalcati da furbi e privilegiati, in una società nella quale per andare avanti dovevi soprattutto far parte del giro giusto di amicizie».

Credo che, con queste parole, Lei abbia fotografato l’aspirazione autentica degli italiani ad avere una politica nuova che si spoglia degli odiosi privilegi e rinuncia a proteggere solo se stessa. Una politica che ha come priorità i bisogni dei cittadini e non la tutela degli interessi di potenti, di colleghi di partito, di amici o magari parenti appartenenti a un “cerchio magico”.

Purtroppo, le scelte che Lei fin qui ha compiuto vanno in direzione diametralmente opposta rispetto a quelle sue parole. Guardiamo alla vicenda del sottosegretario alla giustizia di Fratelli d’Italia, Andrea Delmastro. Il M5S ha chiesto le sue dimissioni ben prima che venisse rinviato a giudizio. Gli auguriamo l’assoluzione, ma la nostra richiesta esula dall’esito del procedimento penale. Punta a proteggere il prestigio e l’imparzialità dell’istituzione di governo agli occhi dei cittadini. È grave che Delmastro resti al Governo. Ha utilizzato il suo ruolo per acquisire informazioni “riservate”, particolarmente sensibili per l’azione dello Stato contro mafia e terrorismo, per poi trasmetterle al suo coinquilino e compagno di partito, Giovanni Donzelli, il quale, a sua volta, le ha utilizzate per attaccare un partito di opposizione.

Possono sentirsi tranquilli gli italiani se due esponenti del Suo partito che ricoprono ruoli così delicati, rispettivamente, al Ministero della Giustizia e al Copasir, antepongono gli interessi di FDI alla sicurezza del Paese?

C’è poi la vicenda della ministra Daniela Santanché e il suo operato in alcune società. La ministra ha preso in giro il Parlamento e i cittadini su molte circostanze che le sono state contestate e che riguardano anche questioni fondamentali come il trattamento dei lavoratori, che si incrocia in questo caso anche con l’uso di fondi statali per l’emergenza Covid.

Di rilievo non minore le vicende che hanno riguardato gli incarichi e le consulenze del sottosegretario Sgarbi e le inchieste giornalistiche sul sottosegretario Durigon. Anche l’episodio che ha coinvolto il ministro all’agricoltura Francesco Lollobrigida non ha giovato all’immagine dell’istituzione di governo: sebbene possa essere giudicata di minore rilievo ai fini della permanenza nell’incarico di governo, la sua vicenda ha lanciato un cattivo messaggio agli italiani. Chiedere e ottenere di poter scendere da un treno Frecciarossa a una fermata non prevista è un privilegio che rimanda a una classe politica arroccata arrogantemente nei propri privilegi. È devastante, poi, sentir dire dal Ministro che qualunque cittadino può richiedere una fermata del treno, come ha fatto lui. Vuol dire aver perso il contatto con quella realtà fatta da milioni di pendolari per i quali non esiste nessuna fermata dedicata, solo rassegnazione.

Presidente Meloni, il suo primo incarico elettivo risale a 25 anni fa. È probabile che questa consolidata conoscenza del “mestiere” l’abbia spinta a degradare le nostre richieste a iniziative scontate per chi si trova nel ruolo di oppositore al governo. Non è assolutamente questa la motivazione che ci ispira. Per noi la politica non è un gioco delle parti.

Il nostro primo obiettivo è salvaguardare l’istituzione di governo. Una istituzione che non è sua oggi, come non era mia quando ero a Chigi e ho scelto di revocare l’incarico di un sottosegretario, oltre che di accettare le dimissioni di un viceministro per salvaguardare i valori dell’etica pubblica e per tutelare la trasparenza e la credibilità dello Stato.

Auguriamo ai membri del suo governo coinvolti in procedimenti penali di potersi difendere efficacemente in giudizio, con tutte le garanzie del giusto processo. Il compito del Presidente del Consiglio è però quello di assicurare che gli esponenti di governo svolgano le proprie funzioni con “onore e disciplina”, come prescrive la nostra Costituzione. Al di là delle vicende giudiziarie, che poi si risolvono nei tribunali, esistono ragioni di opportunità politica.

Le lanciamo dunque un ultimo appello, Presidente Meloni. Prenda finalmente decisioni chiare su queste condotte. Spetta a lei il compito di salvaguardare l’onore e il prestigio delle istituzioni. Non sono forse valori che allignano anche nella sua tradizione politica?

«Viviamo in un tempo nel quale la politica, per recuperare la fiducia dei cittadini, deve stare un passo avanti alla società e dare il buon esempio». Solo parole Sue, Presidente Meloni. Correva l’anno 2013, Lei era all’opposizione e con veemenza chiedeva le dimissioni di una ministra. Ecco, ora può fare in prima persona quello che ha chiesto ad altri di fare. Prenda una chiara posizione anche sulla sconcertante vicenda di Gasparri, la cui oscura attività di lobbismo fa sorgere un dubbio inquietante: ha svolto l’attività di senatore per rappresentare gli interessi dei cittadini o di una società privata?

Se compirà la scelta giusta, anche la mia forza di opposizione riconoscerà la serietà di questo suo gesto di responsabilità politica. Non abbracci la logica corporativa di difesa, assoluta e intransigente, dei membri di governo, dei suoi compagni di partito o dei suoi sodali di coalizione. La sua inerzia contribuirebbe a far perdere a tanti cittadini la speranza che qualcosa possa cambiare. Una speranza che è ridotta al lumicino: sempre più italiani si allontanano dalla politica, si astengono, non partecipano più alla vita democratica perché non ritengono più credibile la classe politica. Non possiamo permettere che quella luce si spenga del tutto con una sorta di “restaurazione” fatta di privilegi e di una classe politica occupata a proteggere se stessa, ma sempre più distratta rispetto alle attese dei cittadini, ai loro diritti, ai loro sogni.

Cordialmente,
Giuseppe Conte

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