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L’autotrappola di Bibi – L’editoriale di Marco Travaglio [24/10/2023]

Se Bibi Netanyahu conoscesse la storia del Paese che sgoverna, non continuerebbe a combattere un fenomeno invisibile come il terrorismo di Hamas con l’artiglieria e i carri armati.
Netanyahu

di Marco Travaglio

Se Bibi Netanyahu conoscesse la storia del Paese che sgoverna, non continuerebbe a combattere un fenomeno invisibile come il terrorismo di Hamas con l’artiglieria e i carri armati, armi utilissime contro gli eserciti, cioè contro i nemici visibili. E capirebbe che l’invasione di Gaza, con una lunga e sanguinosa guerra-guerriglia tunnel per tunnel, vicolo per vicolo, è il sogno di Hamas, che la prepara da anni e aspetta giusto un pollo che cada nella trappola. Biden lo ha invitato a non ripetere gli “errori dell’Occidente dopo l’11 Settembre” (così chiama un milione di morti ammazzati tra Afghanistan e Iraq). Ma il peggior errore che può commettere Israele è ripetere i propri. Le quattro guerre contro gli eserciti arabi le ha vinte tutte: 1948-1949, 1956, 1967 e 1973. Quelle contro il terrorismo invece le ha vinte solo quando ha usato l’intelligence (il mitico Mossad) con blitz chirurgici e ben studiati: quello, durato vent’anni, per eliminare tutti i terroristi coinvolti nella strage di atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco 1972; quello, durato mezz’ora nella notte del 4 luglio 1976, per liberare i passeggeri del volo AirFrance dirottato dai fedayin palestinesi a Entebbe (Uganda). Almeno quest’ultima storia Bibi dovrebbe conoscerla, visto che nel raid israeliano l’unica vittima fu il suo fratello maggiore, il tenente colonnello Yoni Netanyahu.

Invece, ogni volta che ha preteso di combattere il terrorismo con l’esercito, Israele ha sempre perso. È accaduto nelle due guerre del Libano. Quella del 1982, scatenata da Begin e Sharon per schiacciare i gruppi palestinesi dell’Olp che bombardavano l’Alta Galilea dal Sud del Paese, finì malissimo con: l’assassinio del presidente amico Gemayel; la strage di Sabra e Chatila; Sharon e Begin a casa; e nel Libano meridionale, al posto dell’Olp, gli ancor più feroci terroristi filoiraniani di Hezbollah impegnati a colpire l’Alta Galilea. E quella del 2006 avviata dal governo Olmert fallì dopo un mese, con Hezbollah più forte e violento di prima. Ma è accaduto nelle infinite rappresaglie contro Hamas a Gaza dopo il ritiro deciso da Sharon nel 2005: le operazioni di Olmert nel 2006-’08 (Pioggia d’Estate, Nuvole d’Autunno, Inverno Caldo e Piombo Fuso); e quelle di Netanyahu nel 2012 (Colonna di Nuvola) e nel ’14 (Margine di Protezione, con 2.200 palestinesi e 71 israeliani uccisi). Dopo ogni operazione, il terrorismo anziché diminuire aumentava e Hamas e Hezbollah, anziché indebolirsi, si rafforzavano. Andrà così anche con l’operazione Spade di Ferro, seguita alla mattanza di Hamas del 7 ottobre. Resta da capire se Netanyahu ci è o ci fa. Ma, in entrambi i casi, a Israele conviene liberarsene subito. Non dopo l’operazione di terra. Ma prima, per evitarla.

Il Fatto Quotidiano, 24 ottobre 2023

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