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Un cuore in inverno (1992) | Trascrizione

Stéphane e Maxime sono liutai, amici dai tempi del conservatorio e ora soci. Tanto è estroverso e brillante Maxime, quanto introverso e cupo Stéphane. Maxime vive una bella storia d'amore con la giovane e affascinante violinista Camille.

Stéphane e Maxime sono liutai, amici dai tempi del conservatorio e ora soci. Tanto è estroverso e brillante Maxime, quanto introverso e cupo Stéphane. Maxime vive una bella storia d’amore con la giovane e affascinante violinista Camille. Il rapporto tra Stéphane e Camille è sin dall’inizio acceso e contrastante e ben presto sorge, forse persino in Stéphane, un interesse sentimentale tra i due. Il liutaio però confesserà all’innamorata che quelli creduti dalla donna come i segnali di una passione reciproca, celavano solamente la vanità di conquistarla.

* * *

Maxime.

Io e Maxime ci capiamo senza parlare. Ci conosciamo da tanto tempo. Lavoriamo assieme. Ma a tenere le redini è lui. È la vecchia ditta di famiglia e Maxime ne perpetua le tradizioni. Con lui i musicisti si sentono a proprio agio. Conosce a memoria il programma delle loro tournée. Li invita a pranzo, sa ascoltarli, farli parlare e dissipare i loro dubbi.

No, maestro, mi scusi. L’ha suonato con la Filarmonica di Vienna, ne sono sicuro.

Non discuto, lei lo sa meglio di me.

Ci affidano con cieca fiducia quanto hanno di più prezioso: il loro violino.

Sente che manca un po’ di chiarezza?

Sì. Manca di brillantezza sul mi.

L’ha sentito?

Maxime non li vede come clienti. Piuttosto come pazienti. E se il caso esige una cura più attenta, si fa da parte.

È solo scollato o è una cosa più grave?

La cosa migliore è sempre ascoltare.

È nel calore dei concerti che Maxime ama di più i musicisti. Ne condivide l’emozione. Si prende la sua parte di applausi. Realmente commosso.

Maxime ha bisogno di darsi senza risparmio. È in armonia col suo corpo. Gli piace talmente vincere che perdere per me diventa un piacere.

Intravedo in lui appetiti ma non stati d’animo. Vive la vita con leggerezza. Anche quando gli capita di mentire lo fa senza sforzo. Gli faccio volentieri da alibi per le ore segrete della sua giornata.

Ma è molto che non lo accompagno nelle sue ricreazioni notturne. Me le racconterà il giorno dopo. Fuori dal lavoro, ognuno fa la sua vita.

Sui posti che frequento, sulla gente che vedo quando non siamo insieme, Maxime non mi fa domande. E va benissimo così.

Buongiorno.

Buongiorno, signori. Due minuti e il tavolo è pronto.

Buongiorno.

Stéphane! Ci vediamo dopo, per un caffè.

Hai visto con chi parlavo?

Régine Aubelet.

No, non lei. L’altra. Tu la conosci.

No.

Sì. L’hai sentita. Camille Kessler.

Ah, sì.

Il concerto di Debussy. Mi hai detto che era un po’ fredda.

No, andava bene.

Potete accomodarvi.

Diventerà nostra cliente.

Sai, a Ginevra mettono all’asta un Guarneri alla fine del mese. Magnifico. Ma è un disastro, la cassa è sfondata. Ti divertirai. Vuoi andare tu a Ginevra?

Io? Che idea.

Così ti svaghi, una volta tanto.

No.

Devo parlarti di una cosa che mi sta succedendo. Una cosa importante.

Ah…

Ma se devi ascoltarmi con quel sorrisetto…

Non lo faccio più.

Ho incontrato una persona.

Va’ avanti.

È di fronte a te.

Davvero?

Sì.

Da quanto tempo?

Due mesi.

E non mi hai detto niente?

È lei… Aveva paura di… Non volevo metterle fretta.

Ma come è successo?

La seguivo nei suoi concerti. Una sera sono andato a salutarla in camerino. Era piuttosto scontenta. Allora le ho parlato di un passaggio particolarmente arido che lei aveva suonato con grande emozione. Ho colto nel segno. Abbiamo cenato assieme.

E l’hai riaccompagnata a casa.

Non è il tipo. E poi, abita da Régine che è sempre con lei. Non è facile.

Così hai diviso una coppia.

No, loro si conoscono da sempre. Non è solo la sua agente. Ma anche una grande amica di sua madre. Una che mette la carriera sopra ogni cosa. Una sera l’aspettavo qui. Era in ritardo, a lei non succede mai. Ero rassegnato, stavo per andarmene quando è entrata e… Mi ha cercato con gli occhi, inquieta, perduta. Quando l’ho vista così… Ho capito che si può ancora amare qualcuno.

E tua moglie?

C’è stato un momento difficile. Ma ormai era finita da tempo. Non si passa la vita con una buona amica. E anche per lei è meglio così.

Non le hai dato molta scelta.

C’è sempre qualcuno che soffre.

E ora, che intenzioni hai?

Andiamo a vivere insieme. Ho già affittato un appartamento.

Ti stanno aspettando.

A dopo. Ciao.

Non ne potevo più. Quello con cui ho pranzato vuole la mia libreria. Indovina per farne cosa? Una bella jeanseria. Prendi: Lermontov. Leggilo, ti rassomiglia. Magro come un chiodo. Quel tizio parla di pagarmi in nero. Naturalmente gli ho detto di no, ma… Mi stai ascoltando?

Ecco un uomo in stato di grazia.

Maxime?

Caspita, lei è…

Buona serata.

Allora a domani.

Ciao, Stéphane. Guarda cosa so fare.

La signora Amet dice che possiamo andare a giocare mezz’ora, ma non vicino al fiume.

Va bene, giochiamo qui.

Affascinante. Signora Amet, venga a vedere questa meraviglia. Avevo già il cembalo e il violoncello. Non mi mancava che lui.

Magnifico. Sei stato tu che l’hai…?

No, è stato Maxime. L’ha trovato in Ungheria.

Ma lui ha rifatto interamente i meccanismi, pezzo per pezzo. Ne mancavano, vero?

Due. Li ho ricostruiti. È stato un lavoro divertente.

Signora Amet?

Sì? Resti a cena con noi?

No, mi spiace. Sono indietro col lavoro.

Hai molto lavoro?

Sì.

Non ti annoi mai?

No.

Sei fortunato.

Quel Vincent non è il nipote della signora Amet?

Sì.

Quanti anni ha?

5 anni, credo.

Lei conosce Camille Kessler? È stata una sua allieva.

Sì, alcuni anni fa. L’ho sentita suonare l’anno scorso a Aixe.

Sarà una nostra cliente.

Lo so, Maxime me l’ha detto. La ricordo come una ragazzina dura, levigata, che mantiene le distanze. E nello stesso tempo, lasciava intuire un gran temperamento.

No, non lì.

Non è qui, Vincent?

No.

Strano, mi pareva. No, dentro non c’è.

Corri.

Eccolo!

Avevamo detto che dentro casa non vale.

Ha sentito sul sol come zinca?

Sì. … E ce l’ha da…?

Tre anni.

Quando lo comprammo aveva un suono teso, superbo. È un Vuillaume. Siamo preoccupate, tra 15 giorni cominciamo a incidere. Stiamo già provando.

Bisognerà controllare la tensione della cavigliera.

Già… Il ponticello è un po’ velato.

Bisogna cambiarlo.

Sì.

Si può fare rapidamente?

Se cambia il ponticello, bisogna correggere il tocco. Possono volerci alcuni giorni.

Ma siamo nel pieno delle prove.

Lo hai già detto.

Se volete, posso prestarvene un altro.

No, grazie. Ho quello con cui studio.

Se posso chiedere, cosa inciderà?

Le due sonate di Ravel e il Trio.

Tenterò per dopodomani.

Lo avrete.

Contiamo su di lei. Andiamo. La saluto.

Grazie.

Arrivederci.

Ah, tutti del XVIII. Questo è il più bello.

E anche il più caro.

Siamo già in ritardo. Abbiamo appuntamento da Lamberti. Gli avevamo detto a mezzogiorno, ed è già mezzogiorno. Con tutto il traffico che c’è.

Buonasera.

Buonasera.

Vai pure, Brice.

A domani.

No, scusami, Christophe, riprendiamo.

Scusa.

No, non ci sono. Non ci sono proprio.

Mi sembra buono, andiamo avanti.

Ma no, non va bene. Non è colpa tua. Sono costantemente in ritardo.

Non è vero, non mi pare.

Sì, invece. Oggi non è giornata.

È il violino che…?

No-no. Régine, mi dai un po’ d’acqua? … Grazie.

Possiamo rivedere il lavoro che hai fatto?

No.

No, è esattamente la messa a punto che volevo. No, sono io.

Devo andare.

Bene, riprendiamo.

Me li passi?

Credo che cominci a odiarmi.

E la cosa ti procura un certo piacere.

È un percorso. È interessante.

Sì. Va’ avanti.

È buffo pensare che in tre quarti di questi libri non si parli che dell’amore. Dai tascabili fino ai capolavori. E anche ai libri di cucina. Sempre gli stessi vocaboli. È eccessivo.

Ti pare una cosa oscena?

No, scritto, a volte, è molto bello.

Sì, Maxime. Sì, scendiamo fra un paio di minuti.

Non sei ancora pronta?

Va bene questa?

Sì, stai benissimo. Sbrigati, Maxime ci aspetta.

Che aspetti anche lui. Non sono pronta, devo ancora truccarmi. Se non avessi perso mezz’ora a cercare il tuo spartito.

Nessuno te l’ha chiesto.

Mi fai cercare come una cretina, e poi mi dici che l’ha preso Christophe.

Smettila, dobbiamo andare.

Io non ci vengo.

Non essere ridicola.

Me ne frego della cena. Hai già Maxime, non hai bisogno di me. Sai che divertimento reggervi il moccolo.

Allora non venire.

Ma non ti accorgi di come mi stai trattando? È spaventoso. Io mi faccio in quattro per indirizzare al meglio il tuo lavoro. E tu te ne freghi altamente.

Ti chiedo scusa.

No, Vincent. Il coltello va a destra, non a sinistra.

Dormi qui stasera?

Sì-sì.

Oh, no…

Un giorno lei mi disse una tale cattiveria.

Una cattiveria? Non ci credo.

Mi ricordo ancora le parole: “Signorina, lei ottiene dal suo archetto uno stridio simile a quello di una pietra pomice che sfrega su un parquet”.

Se l’ho detto, era ciò che pensavo.

Era così crudele?

Non se ne vergogna?

No. Crudeltà sarebbe dirlo a un allievo davvero mediocre. Infatti a Maxime non l’ho detto.

Grazie.

Non te ne fregava granché, confessalo.

Ero un incostante, è vero. Ma non rimpiango niente.

Il rimpianto è sempre un’illusione.

E Stéphane?

Stéphane… è un’altra cosa.

Non parlo della musica, la conosco troppo poco. Non parlo neanche di emozione, è già idealistico e sospetto. È l’operosità che m’impressiona.

Sì, lo so. Ho letto il suo libro.

Vedi, Daniel, qualcuno li compra i tuoi libri.

Non m’interessa quanti ne vendo. Quello che trovo pietoso, e l’ho detto nel mio ultimo libro, è che col pretesto che tutto fa cultura, si finisce col mettere sullo stesso piano un video e una commedia di Claudel. Un muro imbrattato di graffiti e un affresco di Piero della Francesca. La sonata di Ravel, che suonerà la nostra amica, e, perché no, la torta di mele della signora Amet.

Preferisce frutta fresca?

Sono certo che è deliziosa. È che c’è una confusione incredibile, senza precedenti. È tutto un pot-pourri.

Niente c’impedisce di scegliere.

Ma sì, invece. Perché una cosa vale l’altra. Subiamo tutto con la stessa attenzione approssimativa. L’orrore è questo consenso collettivo, è questa cosa molle che ci circonda. Scusate, ma io credo in una certa vigilanza del pensiero.

Addirittura?

Le sembra pretenzioso?

No, noi ascoltiamo in te la voce della tradizione. Severa…

Ma coraggiosa.

La tradizione… L’ha detto: sono un reazionario.

No. Tu esprimi, in un mondo minacciato dal traboccare della democrazia, il punto di vista di un’élite giustamente inquieta.

L’elitismo l’ho combattuto tutta la vita. Però c’è qualcosa di lagnoso in tutto ciò che si sente oggigiorno.

Sono d’accordo che c’è della confusione. Ma almeno la cultura non è più privilegio di pochi. È sempre un privilegio, ma più diffuso.

Ma no, Camille, è peggio. Tutta quella folla allo sbando che vaga per i musei…

Ma se dentro quel museo, in mezzo a quella folla cieca, c’è una sola persona che incontra un’opera che la emoziona, che forse cambierà la sua vita, è già molto, no?

È sempre stato così, non è una novità.

Io non ci credo.

In fondo, lei è quasi d’accordo. Anche lei parla della sensibilità dell’individuo di fronte alla massa che sarebbe cieca.

Io non ho detto questo.

No, quello che hai detto è che a uguali opportunità ci sarebbe una selezione di individui…

Assolutamente no.

Hai detto che alcuni vedono cose che altri non vedono.

Sì, ha detto così.

Sì , ma… No… Insomma, io non escludo nessuno.

Ma neanch’io.

Certo.

Tu, non ce l’hai una tua idea in merito?

No.

Nessuna?

È al di sopra della discussione.

No, mi sembrano opinioni contraddittorie, ma tutte valide.

Tutto si annulla, vero? Non si dovrebbe parlare di niente.

È una tentazione infatti, lo confesso. Io non ho la vostra buona volontà.

Ebbene, noi rispetteremo il tuo silenzio.

Evidentemente, parlando si rischia di dire stupidaggini. Stando zitti, non si rischia niente, si è tranquilli. Si può anche sembrare intelligenti.

Può darsi che sia solo paura.

Paura? E di cosa?

Paura di te, forse.

Ecco, dev’essere questo.

Tu mi preoccupi, sai?

Non lo scoraggiare, visto che si sta appena scoprendo. Mi pare perfino che tu diventi compiacente.

Già.

Cerca di commuoverci.

Un tentativo.

Missione impossibile.

Ritiro tutto quello che ho detto. La torta di mele della signora Amet è un’opera d’arte.

Finalmente.

Una pasta frolla delicatissima.

Ha una punta di…

Di cannella.

Ah, ecco cos’è.

Da quanto tempo ha smesso d’insegnare Lachaume?

7-8 anni.

Ha uno strano rapporto con Stéphane. Non avevo mai visto Stéphane in società. Lo trovo molto antipatico, sgradevole.

No, lo fa per gioco, bisogna conoscerlo. Avrete capito che si diverte.

Logico che lo difenda, è un suo amico.

Non è che lo difenda. Lo accetto così com’è.

Sì? … E tu? … No, non disturbi. … Sì. … No, sta dormendo. … Ah , davvero pensi…? … Può essere. … Va bene, glielo dico. Ciao.

Era Stéphane.

Cosa voleva?

Parlarti. Ci ha pensato. Forse può fare di meglio col violino. Oggi verrà alle prove.

Perché? Il violino è perfetto.

Sa quello che fa. Su questo almeno fidati.

È poca cosa, ma se vuole provare.

Sì, è diverso. Meglio, no?

Sì, più chiaro.

Sì.

L’altra volta non se n’era accorto.

Sì, ma… ci vuole un po’ di tempo a… Non mi pareva il momento di parlargliene. Poi ci ho ripensato.

Bene. Riprendiamo.

La soddisfa?

Sì, però…

Dica.

Non è un po’ troppo veloce?

Sì. Vuole sentirlo alla velocità giusta?

Sì, se non le…

Allora?

È molto bello.

Va già via?

Sì.

Ha degli altri impegni?

No, ma devo lasciarvi lavorare. Arrivederci.

Arrivederci.

Arrivederci.

Arrivederci.

Continuiamo.

Riprendiamo dalla sesta.


Strano, i ritocchi di vernice più vecchi non hanno ancora cambiato colore.

Se si occupasse lei della vendita, allora io dovrei…

No, non lavoro a percentuale. Solo le spese di expertise.

Grazie.

Credo di avere un cliente per lei. Mi scusi un attimo.

Faccia pure, la prego.

Stéphane, non mi hai detto che Colfer cercava un Gagliano?

Sì.

L’ha trovato?

No, non credo.

Sei sicuro? Faccio in tempo a chiamarlo.

Non è troppo forzato?

È normale, devi allargarlo.

Sì, molto bello. Due piccoli restauri, ma in perfetto stato.

Lei può venire ad Amsterdam?

Sì.

Sì. Dopodomani? No, non posso. Venerdì , se vuole. … Venerdì, d’accordo. … Beh, senta, è il suo prezzo. … Mi scusi un attimo.

Mi dai 5 minuti?

Prenderemo il volo delle 9.15. Saremo lì intorno alle 11. Allora, d’accordo.

Va’ avanti. Non avere fretta. … Adesso fa’ piano. … Fammi vedere. … Perfetto. … Prendi. Adesso cosa fai?

Sistemo la cavigliera.

Piano. … Piano. Controlla il capotasto.

Credo vada bene.

Va bene. Anzi, va benissimo. Visto che ce l’hai fatta?

Sì.

Lo rimetto sotto pressa, domani lo incolliamo.

Buonasera.

Buonasera.

Buonasera. Ciao, Brice.

A domani.

Maxime è impegnato, così…

Ha fatto bene. È qui da molto?

Due minuti.

Poteva farsi vedere.

Non vi volevo disturbare. È il suo apprendista?

Sì.

E questo violino?

Lo ha fatto lui, il suo primo strumento.

Quanto tempo ci vuole?

Per questo qui un mese, a volte più, a volte meno. In ogni caso sono sempre 80 pezzi da assemblare. … Vuole bere qualcosa?

Sì, volentieri.

Finché torna Maxime. Si accomodi, la prego. Un succo di frutta? Un whisky?

Un whisky.

Un po’ d’acqua?

No, liscio. … Ne avevo bisogno. È stata una giornata difficile.

Le prove?

No, quelle vanno bene. Non è questo.

Non sarà Maxime?

No, non lui. No, ho avuto un diverbio con Régine. Una lite orribile. Ci siamo dette di quelle cose…

Qual è stato il motivo?

Una storia ridicola. Non ho voglia di parlarne. Ma mi sta qui. Mi conosce, sa come sono fatta, e ciononostante, mi provoca.

Vi conoscete da molto?

10 anni. Régine è una donna eccezionale. Tutti i musicisti la adorano. Senza di lei non avrei combinato niente. Prima di incontrarla, ero sul punto di mollare tutto. È lei che mi ha obbligata. . . So quanto le devo.

È per questo che gliene vuole. È una protezione per lei.

Sì, di cui avevo bisogno. Ma che è diventata una specie di… dipendenza.

Che lei prima accettava e che ora non sopporta più.

Sì, è esattamente così. Detta così sembra semplice. Ma in realtà è difficile da accettare.

Ma questo lo sapeva già.

Sì, però è la prima volta che ne parlo.

Un’occasione.

La sto annoiando?

No, al contrario. … Quand’è fissata l’incisione?

Lunedì.

L’olandese non mi mollava più. Allora, hai scoperto dove vive? Austero, non trovi?

No, non mi pare. Beh, andiamo, siamo in ritardo. A domani.

A presto.

Allora è stata più di una chiacchierata. Sei riuscito a instaurare una vera intimità fra voi.

È lei che è venuta.

È quello che ti aspettavi.

Diciamo che lo speravo.

Non ti sarai innamorato?

Innamorato…

Sì, lo so, la parola ti irrita.

No, mi disorienta. Lasciamici pensare. No, non credo.

Comunque lei è innamorata di Maxime.

Sì. … A un certo punto, ho avuto l’impressione che preferisse cenare con me invece che con lui. Un’impressione… Mi chiedo se sotto sotto tu non sia geloso di Maxime.

Di Maxime? Un sentimento che non ho mai provato per lui. E che non proverò mai.


Hai vinto tu, bravo.

Mi dispiace.

Eppure mi sento in forma.

Ti do la rivincita?

No, non c’è tempo, ho l’aereo fra 2 ore. Ti lascio fra le braccia della dea Vittoria.

Torni stasera?

Sì, prendo quello delle 9.

Sai, sono contento del vostro rapporto. All’inizio ero un po’ preoccupato.

Ora sei più tranquillo?

Sì, certo. Egoisticamente è meglio così. Forse avrebbero dovuto affiancarle musicisti più solidi.

Io li trovo bravi.

E il violoncello?

Christophe? No-no, anzi. La capisce, si integrano perfettamente.

Mi secca che si sia innamorato di lei.

Non dirmi che sei preoccupato.

No, non per lei. Lo tiene a distanza. Ma non vuole ferirlo, ed è uno spreco di energie. È una novità. È la prima volta che ammiro la persona che amo. Mi obbliga ad essere più rigoroso. A disfarmi di molte cose. Pigrizia, vecchie abitudini…

Te la cavi piuttosto bene.

È faticoso.

Una sana fatica.

Se le chiedo qualcosa si irrigidisce, si mette sulla difensiva. Non è ritrosia e neanche civetteria. Si rilassa solo quando suona.

E questo ti secca?

No, al contrario. Sono in ritardo, ti do uno strappo?

No, voglio camminare un po’. A domani.

A domani.

Ciao, ti dovrei chiedere una cosa.

Non ora, ho fretta.

Ti telefono domani.

Sì?

La stessa.

Settima.

Molto bravi.

Bene, facciamo una pausa.

Sì, non ne posso più.

Che incisione era?

La settima.

Buongiorno. Era qui?

Sì.

Allora ha sentito?

Sì, la fine.

E come le è sembrato?

Eccellente.

Davvero? È vero, il finale era buono, ma ho fatto un pasticcio a metà. Dovrò rifarlo.

Ha tempo per bere qualcosa?

Sì, certo. C’è poca pausa ma… Torno fra 5 minuti. Andiamo al bar qui vicino.

Ecco, piove.

Ho paura che…

Svelto, corriamo.

Le ha chiesto Maxime di venire?

No. … Magari ora smette.

È qui di fronte, andiamo.

Aspetti.

Buongiorno.

Buongiorno.

È fradicio. Vuole asciugarsi?

No, va tutto bene.

Possiamo mangiare qualcosa?

Un panino?

No, quel pezzetto di formaggio.

E una mezza birra.

E un caffè.

Va meglio con Régine?

Molto meglio. Ha l’influenza. Una febbre da cavallo. Ora tocca a me farle da mamma. … Ho i polpastrelli che bruciano.

Li ha pizzicati.

Lei ha fatto il conservatorio? Posso chiederle perché ha smesso?

Poco talento. Non mi piacevano i suoni che producevo.

Troppo spirito critico?

Forse sì.

È una qualità.

È opinabile.

Se volete, si è liberato quel tavolo. Lasci, portiamo noi.

Sono stata lì come una scema. Potevi avvisarmi.

Te l’avevo detto.

No, non me l’hai detto! Hai detto che eri a Versailles.

Non il martedì.

E allora dov’eri? Passi la vita a dire balle!

Stai dando i numeri?

Ah, la matta sarei io? Ti dico una cosa: in queste condizioni io non ci sto più.

Per me la questione è chiusa.

Ha sempre vissuto da solo?

Sì, quasi sempre.

Le piace la solitudine.

Diciamo che sono un solitario non per scelta. Anzi, diciamo che mi piace la compagnia degli uomini. E anche quella delle donne.

Però non è la stessa cosa.

No.

Non esagerare, per favore.

Chiamo solo le cose col loro nome.

Smettila!

Tu scappi quando si dice la verità. Sei un vigliacco. Lasciami!

Il loro futuro mi preoccupa.

Mi pare che lui pianga. … Non è mai stato innamorato?

Mi dev’essere successo.

Quella donna, Hélène… Maxime mi ha detto… Che posto ha nella sua vita?

Nella mia vita? È una persona che stimo, con cui vado d’accordo.

Non le piace parlare di sé.

Non molto.

Perché?

Non mi entusiasma granché. E poi, non serve a niente.

Dipende con chi. Io posso passare intere giornate in silenzio e di colpo, se sono a mio agio, con la stessa naturalezza mi lascio andare. È quello che una volta mi piaceva di Régine. Si lavorava sodo, ma dopo il lavoro era una pacchia. Potevamo chiacchierare per notti intere. Mi ricordo una sera in albergo, a Roma. Avevamo deciso di… Mi sembra di interessarla assai poco.

No, la sto ascoltando. La guardo. Mi piace guardarla parlare.

Arrivo. … Bene. Tornerà?

Certamente.

Sono contenta che sia venuto.


Pronto? … Un attimo. Stéphane.

Pronto? … Ah, buongiorno. … Mi è dispiaciuto molto ma non potevo… Sì. … Oggi non credo proprio che…

Sì… Certo… Arrivederci.

Puoi passarmi il miele, per favore? Mi alzerò nel pomeriggio, anche se non ne ho voglia.

Di faccia stai meglio.

A che ora cominciate oggi?

Alle 10.

Che cos’hai?

Niente. Mi chiedo se gli piace davvero ciò che faccio.

Ma cosa dici?

Ieri doveva venire e non è venuto. L’ho chiamato, e mi è sembrato di disturbare.

Gli hai chiesto tu di non venire.

Non parlo di Maxime. Parlo di Stéphane. Non lo capisco. Quando c’è, c’è. E dopo… È come se non esistesse. … Vado, sono in ritardo.


Ancora.

Strano, eppure è semplice.

 

Mi scusi. Ciao. … Credo di averlo già visto.

Beh, potevi pensarci prima.

Non importa, tanto non ricordo il finale.

Così non la vedi più.

No.

E ti senti soddisfatto?

Dovrei andare a stuzzicarla?

Ma sparire così, è anche peggio. Probabilmente le manchi.

Tu sopravvaluti il mio potere di seduzione.

No, e neanche tu, confessalo. Vedi, in generale, quando una donna arriva a quel punto, è difficile che si tiri indietro.

Comunque non telefona più.

Non significa niente. … Ma dove è finito? È sempre così puntuale.

Chi?

François. Ti ho detto che veniva.

L’avvocato?

Sì. Non ti secca?

No, affatto.

Non si sa mai, magari un attacco di gelosia. E Maxime?

Maxime sta bene, è in giro, con la sua gran voglia di vita.

Lei gliene ha parlato?

Forse. No, non credo.

Non trovavo da parcheggiare. Mi scusi.

François. Stéphane.

Felice di conoscerla. Hélène mi ha parlato molto di lei. Sono intimidito. So che Hélène tiene molto alla sua opinione.

No, lasci, faccio io. … Tre, per favore. … Grazie.


Eccolo qui. L’ingresso è un ingresso. È stata un’occasione. Ullmann è andato in America e mi ha detto di farne ciò che volevo. … Buongiorno, signori.

Buongiorno.

Tutto bene?

Benissimo.

Che ne pensi?

Bella casa. Segui i lavori da solo?

Sì, Camille non ha tempo. Dopo l’incisione parte per la tournée. … La camera. Quello è il bagno. La stanza per la musica. Questa… non sappiamo che farne. Ci metteremo Régine quando avrà carenze affettive. E la cucina. Butteremo giù la parete per ingrandirla. Il buffo è che nessuno dei due sa cuocere un uovo. È tutto qua. L’importante è che lei la senta sua. Devo chiamarla. Che la faccia vivere col suo ordine e col suo disordine.

Ciao. … Sì. Sono qui con Stéphane. … Ah, gli vuoi… Beh, insomma… Vanno avanti. Stanno dando l’intonaco. … Ma no, andrà tutto bene. Ieri ho ascoltato il mix, è ottimo. … Sì, ma sì. … Sì, d’accordo. A stasera, ti abbraccio.

Su, andiamo. Non ti senti bene?

Sì. C’è un po’ d’acqua?

Ma sì.

Grazie.

Va meglio?

Sarà l’odore della pittura.

Sì, certo.


È questo?

Sì, grazie.

Vuole una busta?

No, grazie. Quanto le devo?

120 franchi.

Tenga.

Grazie.

Scusi, ce l’ha un Cechov tascabile?

Sì, vengo subito.

Arrivederci.

Arrivederci.

L’hai trovato?

Sì.


Lo so che non è stato facile. Grazie per avermelo salvato. Lei mi ha regalato un po’ di giovinezza. Il taxi mi aspetta. È l’ora in cui lascio anche i migliori amici. A presto, Stéphane.

Arrivederci.

Buongiorno, signor Landron.

Stéphane: un genio.

Ne ero sicuro. … È impazzito di gioia Landron.

Buongiorno.

Buongiorno.

Io berrei un whisky.

Tu cosa prendi?

Dell’acqua.

Naturale?

Naturale.

Puoi farmi questo numero di Londra?

Sì, certo.

Mi sono dimenticato di chiamarlo stamattina. Temo di doverci andare domani.

Ci vado io, se vuoi.

Caspita, che novità.

Sì, mi hai convinto.

Allora ti ringrazio. A me farebbe comodo. Tu sarai affamata.

Sì, un po’.

Si può ancora mangiare? Una cosetta…

Sì, accomodatevi di là.

Stamattina hanno iniziato alle 8. Lo studio dopo era impegnato.

Signor Maxime, Londra in linea!

Quando finirete?

Domani, in teoria.

Maxime dice che è abbastanza contenta.

Credo di sì. Non so neanche io. E lei come sta?

Bene.

Perché mi sfugge?

Io non la sfuggo.

Non so, forse ho fatto qualcosa che le è dispiaciuto?

No, che dice? Ho avuto molto da fare.

Pensavo le stesse a cuore ciò che facevo, che mi stesse vicino. È per via di Maxime?

Maxime?

Chissà, forse ha degli scrupoli… data la vostra amicizia.

Non c’è amicizia tra me e Maxime.

Non c’è amicizia?

No, siamo solo soci. Dopo tutti questi anni, ci completiamo. È interesse di entrambi, è logico. Niente di più.

Eppure lui la considera un suo amico.

Non posso impedirglielo.

Non le credo.

Perché? Forse queste cose non si dicono. Ma sono vere, perfino banali. Lo trova sconcertante?

No. Triste.

Triste sarebbe barare con le parole.

Appunto, le sue sono solo parole. Questo suo… sminuire tutto. Da cosa deve proteggersi?

Mai giocato a carte così scoperte.

Lei non è così, perché nessuno è così. Non può essere. È solo una posa.

Che cosa vuole? Che m’inventi a suo beneficio storie terrificanti? Delle infanzie infelici, delle frustrazioni sessuali? Delle vocazioni mancate? Niente di tutto ciò. I miei fratelli dicevano che ero tendenzialmente ipocrita e bugiardo. Forse avevano ragione.

È strano il piacere che prova nel darmi di sé un’immagine sgradevole. Le riesce facile, vero?

Ha ragione, mi scusi.

Si comporta come se l’emozione non esistesse. Ma lei ama la musica.

La musica è il sogno.

Mi dispiace, non ti vogliono. Preferiscono lo stesso interlocutore. Dicono che si sono abituati.

Peggio per loro. Non sanno cosa perdono. Io me ne vado, a più tardi.

Ciao.

Maxime, il tavolo è pronto.

Sì.


Non sto bene, Maxime. … Non sono contenta di me. Il lavoro non c’entra.

Stéphane?

Da quando ti conosco, non ti ho mai mentito. Non voglio cominciare ora.

Che c’è stato tra voi?

Ma… niente.

Tu gli piaci. Lo sento, lo vedo. Io lo conosco. Più di quanto creda. In genere segue i musicisti, è sempre lì quando registrano. L’altro giorno, quando ha visto l’appartamento, ha avuto come un mancamento. Come un malore. … E tu?

È come… Un peso enorme. … Mi schiaccia. Io mi sforzo di… Ma è vero che ci penso. Ci penso sempre.

Stéphane. Mi aveva sfiorato il pensiero, ma… non volevo crederci. Non posso andare lì a spaccargli il muso. … Ho bisogno d’aria. Facciamo due passi?


Pronto? … Ciao. Non sei partito?

Parto adesso. Siccome è l’ultimo giorno d’incisione di Camille e mi secca non esserci, sarebbe bene che ci andassi tu.

Sì. Conto su di te. Grazie. A domani.


Brava! Mi stendo ai vostri piedi, Altezza.

Allora?

Magnifico.

Ha la macchina?

Sì.

Grazie.

Era tanto tempo che non provavo una simile emozione.

Grazie, ma il merito è suo.

Superba. Avevi ragione. Sono felice.

Régine, prendi tu il mio violino. Io torno con Stéphane.

Ma come? Ceniamo tutti insieme, ho già prenotato.

Lo so, però… no.

A loro che cosa dico?

Inventa una scusa.

Camille, lo sai che…

Ma sì. Dai, va tutto bene.

Quando incidevo con Barbizet, non avevamo diritto a nessun accordo.

Non l’avevo mai suonato così. Ieri l’ho rifatto 3 volte. Era buono, ma sempre piatto. Stasera ho avuto un momento di grazia.

L’ha tenuto così fino in fondo.

Sembrava tutto così facile. Andiamo a prendere qualcosa?

Sì. Conosce qualche posto?

Decideremo. Il bar di un albergo… Vada avanti. … Ho suonato solo per lei.

È impazzito questo.

Ho parlato a Maxime. Di noi. È stato difficile. Lui ha ascoltato. Gli ho detto quello che ci sta succedendo. … Io ti desidero. Non sono di quelle che si buttano tra le braccia di un uomo, ma te lo dovevo dire. Tutto qui.

Camille, non credo di poterti dare quello che cerchi.

Lo cerchi anche tu e io te lo sto offrendo. So come sei fatto e ti accetto per quello che sei. Tu ti sei costruito attorno un muro alto, invalicabile. Ma non mi fa paura. Sono qui per te. Guardami. Non puoi più vivere così. Devi accettare che qualcosa cambi dentro di te.

Camille, tu sei bella, rara. Diventerai una grande violinista. Hai tutte queste doti che… Doti ingombranti forse…

Allora, visto che sono perfetta…

È qui che sbagli. Vuoi a tutti i costi che io sia come tu immagini. Un’altra persona. Ma io sono come sono.

Smettila di mentire. È talmente semplice.

Devo dirti la verità. È vero che ho pensato di sedurti. Ma non per amore. Per gioco. Un dispetto a Maxime. Deciso a tavolino.

Le cose vanno vissute, non decise.

Tu non capisci, Camille. Parli di sentimenti che non provo, che non esistono. Ai quali non ho accesso. Io non ti amo. … So solo…

Non dire più niente. … E non guardarmi.


Smettila di scocciarmi!

Lo dica di nuovo!

Se devo crepare, creperò! Ma deciderò io quando.

Comunque l’appuntamento l’ho preso e stavolta lei ci andrà.

Scordatelo!

Perché?

Non capisci che non me ne frega niente? Cosa credi mi dica che non so già? Cammini! Niente fumo, niente alcool! Niente scopare!

Se non vuole curarsi, faccia pure a meno. Faccia come le pare, non m’importa! Ecco il suo libro!

Lascialo pure lì. Mi deprime.

Neanche più questo la interessa. Si lasci pure andare. E mi raccomando… non faccia sforzi né fisici, né…

Ripeti sempre le stese cose! Sei sempre tra i piedi, incedi con le tue tettone come uno schiacciasassi.

Non essere volgare, non li ammetto questi toni con me.

È una mania la tua, quella di cambiare argomento.

Lo dico per il tuo bene.

Mi hai stufato! Prendo una boccata d’aria! Mi hai stufato! Merda!

Ti sei fatto male?

No!

Vieni dentro, prendi freddo.

Lasciami!

Va’ a letto. La notte scorsa non hai chiuso occhio. Per forza cadi.

Vacci tu a letto.

Sai che se non dormi tu, non riesco a dormire neanch’io.

Nessuno ti obbliga a starmi appiccicata come una sanguisuga.

Se vuoi posso, anche andarmene. Resterai da solo.

Io non ti ho detto di andartene. Non ricominciamo.


Non so più che cosa fare. Quando sono tornata, lei era lì. Stava male, ubriaca. Ha vuotato la bottiglia del gin. Ho dovuto portarla a vomitare. Ora si è chiusa in camera. … Non so cosa le abbia detto, ma l’ha umiliata. … È anche colpa mia. Dovevo essere più attenta. Parlare con Camille. O con lei. Ma mi pareva che…

Adesso dorme?

Non credo. Sento che si muove.


Buonasera.

Buonasera. … Hélène.

Ci conosciamo.

Cosa posso portarle?

Niente.

Sono passata da te e mi sono detta che forse…

Vuoi un po’ di vino?

Chi è questa tizia? Cos’è? Un’ascoltatrice? Una dilettante del genio, come dice il tuo amico Maxime? Ma cosa dico “amico”? È logico interesse di entrambi, niente di più. L’amicizia non esiste, non vi hai accesso. È buono questo vino. Anche se non me ne intendo. È carina questa vostra cenetta. E poi si torna a casa quieti. O no, dipende.

Non ho avuto la gioia di ascoltarla. Stéphane mi ha detto che ha inciso un disco. Sembra che…

Sembra cosa? Cosa blatera?

Io vi lascio.

Non posso. Non ci riesco. Non può finire così. Non posso accettarlo. Almeno dimmi qualcosa.

Camille, ti ho detto la verità.

Lo sai che non è vero. Quando sei venuto a sentirmi in sala, il giorno che pioveva, non l’ho sognato, era interesse il tuo.

È il mio mestiere.

Non dirmi che sono una qualsiasi musicante che viene da te per cambiare una corda.

Certo che no.

Quel tuo modo di guardarmi.

Ero sincero.

Tutto quello che ci siamo detti.

Ma non ci siamo detti nulla, Camille.

Come nulla? Allora sono io… No, non è possibile. Ma perché?

Te l’ho detto il perché.

Ma se era un gioco, allora bisognava andare fino in fondo. Dovevi scoparmi. Saresti stato uno stronzo, ma rientrava nel gioco.

Smettila, Camille.

Ma non c’è che niente! Tu sei niente! … Ti secca che ci guardino? Non ti seccare, loro si divertono. Guardatelo sulla sua sedia, tutto vergognoso. Vorresti essere altrove, vero? Sembrava che amasse la musica. Perché è il sogno, la musica. Perché non ha ancora niente a che vedere con la vita. Ma i sogni tu non li conosci, che ne sai? Non hai fantasia, né cuore, né coglioni! Non c’è niente qua sotto, proprio niente!

Scusate, ma…

Lei mi lasci, me ne vado. … Cosa mi è successo? Cosa faccio? Non preoccuparti, me ne vado. Mi vergogno. Mi vergogno.


Smettetela, a casa!

Di già?

No, giochiamo ancora!

No, basta giocare. Ho detto alle 7 alla mamma. Su, svelti. Mi aiuti a sparecchiare, Vincent? E non scordate di mettere a posto la scala.

Dorme qui Stéphane?

Sì.

Il mio camion è rotto, mi deve aiutare ad aggiustarlo.

Che cosa cercavi? Volevi creare il caos? Il piacere della dissacrazione. Ma non si possono dissacrare i sentimenti. Nessuno può avere tanta presunzione. Forse, in fondo, non ti ritieni degno di lei.

Louis! Cosa ti senti? Non muoverti. Sono qui. Vado… Aspetta, ora torno. Sta’ calmo. Calmo, amore mio. Ecco fatto. Vedrai, ora passa. Cercavi il libro e non ricordavi dove l’avevi messo. È così, vero? Ora ti bagno la fronte. Mi hai fatto prendere paura, sai? Avresti dovuto chiamarmi, sarei venuta. Puoi alzarti?

Mi sento meglio.

Fa’ piano. Piano, appoggiati a me.

Ho pensato che fosse arrivata la mia ora.

Non dire scemenze.


Ancora un po’?

Grazie.

È già andato via Vincent?

La scuola è alle 8.30.

Buongiorno. Ho fame. … Hai dormito bene? Non hai avuto freddo?

No.

Le previsioni dicevano pioggia, invece… Il vento è girato.


Io vado. Se chiama l’agenzia, dai la conferma.

Cosa vuole?

Camille è in casa?

Crede davvero che sia il caso?

Le vorrei parlare.

Buongiorno.

Buongiorno.

Ci vediamo alle 6 da Lamberti.

Sì.

Sto mettendo ordine. Partiamo per la tournée. Ci sono tante cosa da buttare.

Non sono qui per chiedere scusa. Volevo vederti.

Eccomi.

Starai via per molto?

Tre mesi circa. Cominciamo dal Giappone… No, la Germania. È Régine che ha le date. Spero vorrai dimenticare tutte quelle cose orribili che ti ho detto.

Erano vere. Io so che non sono un niente. Amo il mio lavoro e lo faccio bene. Ma tu hai ragione. C’è qualcosa dentro di me che non vive. Non riesco a… Ho continuato a concedermi proroghe. Ho fallito con te, e ho perso Maxime. Mi rendo conto che non sono gli altri che distruggo, ma me stesso. E non ha senso che continui a ripetermelo da solo. Dovevo dirlo a te.

Me l’hai detto. Ma ora mi sento svuotata io.

Pronto?

No, non c’è. Nel tardo pomeriggio. Appena la vedo, glielo dirò. Arrivederci.

Devo prepararmi. E adesso? Cosa pensi di fare?

Non lo so.

Buona fortuna.


Brice, il serragiunti, per favore. … Sono venuti per gli scaffali?

Domani.

Buongiorno.

Salve.

Accomodatevi, prego.


Non lo posso dire che a te. Era un annuncio sul Videotel. È un tipo in gamba. Senso dell’umorismo… Macho quanto basta. Legge molto. C’è una buona intesa, a tutti i livelli. Certo, avrà dei difetti, ma non li vedo.

Cosa fa?

Ha dei vigneti. Nel Sud-Ovest.

Bel lavoro.

La Charente è magnifica, ma non intendo seppellirmi sotto le pergole. Ci vedremo ancora?

Sì.

Ho ascoltato il disco di Camille. È bello. Ci pensi spesso? Devo finire l’inventario.

Hai venduto?

No, l’ho data in gestione. Non si sa mai.

Ceniamo insieme prima che tu parta?

Sì, andiamo da “Carlo”? La scenata è caduta in prescrizione. O a casa mia, se vuoi.


Sei brava. I bischeri sono un po’ duri, bisogna levigarli. Ce lo puoi lasciare?

Sì.

Può tornare nel pomeriggio?

Certo.

Arrivederci.

Ti sei sistemato bene. È bello qui. Luminoso. Sono venuto a vedere come fai a rubarci i clienti. Landron è stato onesto, me l’ha detto che ti seguiva. Ma sta’ tranquillo, va bene così. Ce ne sono altri. Molto bello. Quanto tempo è passato? 8 mesi?

E mezzo.

Camille sta bene. Certo, ha avuto un periodo un po’… Ma poi si è ripresa. Adesso lavora molto. Se ne va, torna. Lo sai, prima di tutto è una violinista. … È lì che dormi? … Potremmo fare una società. Questa volta davvero. Ma nessuna amicizia. Solo soci. … Hai ragione, è meglio di no. Sono passato da Lachaume. Non sta affatto bene. Soffre. Non parla più. Vuole morire.

Ah, Brice, ciao. Felice di rivederti.

Anch’io.

Sai che si sposa?

Davvero?

Sì.

Ma quanti anni hai?

22.

Sei un ragazzo.

Come lo devo prendere?

Come un complimento. E lui è il testimone.

Sì.

Spero che sia all’altezza.


Intanto prendete i biglietti.

Buongiorno.

Buongiorno. Bello il concorso di quest’anno.

Sì.

Ieri è venuto?

Sentito che bravo quel ragazzino? So che ha un nuovo laboratorio.

Sì.

Lei è sempre l’agente di Camille? Sì. Ora ci si vede meno, c’è Maxime. Lo sa che alla fine del mese sarà a Parigi? Suona al Gaveau. Dovrebbe andare a sentirla. E lei come sta?

Invecchio.

Non invecchi troppo. Beh, arrivederci.

Arrivederci.

Le manderò dei clienti.


Me lo sta chiedendo da 3 giorni. Ma io non posso. Non posso.

Era così rigoroso con se stesso. Ma quando cominciava a ridere, era…


Dove suona stasera?

A Bruxelles, al “La Monnaie”.

Buongiorno.

Vado a prendere la macchina.

Lo amavi, vero?

Ho creduto a lungo che fosse la sola persona che amavo. … E tu? Come stai?

Direi bene. Sì.

E anche con Maxime…? … Suonerai a Parigi la settimana prossima?

Sì. Verrai a sentirmi?

Di sicuro. … Sono felice di averti rivista.

Anch’io. Arrivederci.

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