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Assalny – L’editoriale di Marco Travaglio [21/2/2024]

Travaglio critica la copertura mediatica su Navalny e Assange, denunciando l'ipocrisia dei media italiani e l'indifferenza verso Assange.
Julian Assange

Nell’editoriale del 21 febbraio 2024 su “Il Fatto Quotidiano”, Marco Travaglio critica aspramente la copertura mediatica in Italia e in Russia riguardante Alexei Navalny e Julian Assange. Mentre i media russi minimizzano le notizie su Navalny per concentrarsi sul ritorno di beni di consumo nonostante le sanzioni, in Italia, la maggior parte dei media, ad eccezione di pochi, dedica ampio spazio a Navalny ignorando completamente l’udienza dell’Alta Corte di Londra sull’estradizione di Assange negli USA. Travaglio evidenzia la disparità di trattamento riservata ai due casi, sottolineando come Assange rischi la vita in carcere per aver rivelato crimini di guerra, a differenza della copertura estesa data a Navalny. Critica poi l’accusa di censura rivendicata da alcuni giornalisti italiani che difendono la loro scelta editoriale come un tentativo di non sminuire la figura di Navalny. Travaglio conclude affermando che il vero giornalismo dovrebbe trattare con lo stesso sdegno le vittime di ogni regime, siano essi Navalny, Assange, o altri perseguitati nel mondo, denunciando l’ipocrisia dell’Occidente in materia di diritti umani e libertà di stampa.

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di Marco Travaglio

Mentre in Russia i media di regime (tutti) dedicano poche righe a Navalny e grande spazio al ritorno in tavola delle banane e dei gamberetti, che finora scarseggiavano per le sanzioni, in Italia i media di regime (tutti tranne due o tre) riservano pagine e pagine a Navalny e neppure una riga all’udienza dell’Alta Corte di Londra sull’estradizione di Assange negli Usa. Repubblica, come sempre, batte tutti: 7 pagine su Navalny e non una sillaba su Assange, recluso da 12 anni a Londra, prima nell’ambasciata d’Ecuador poi in carcere, che ora rischia di marcire in una galera americana per il resto dei suoi giorni per aver documentato i crimini di guerra della Nato. Anziché vergognarsi, Stefano Cappellini rivendica la censura: “Chi si impunta a cambiare discorso per parlare di Assange lo fa con un obiettivo chiarissimo e ripugnante: sminuire la morte di Navalny e suggerire che l’Occidente fa come o peggio di Putin”. E va capito: chi fa pseudogiornalismo embedded non riesce a concepire il vero giornalismo contro il potere. Il poveretto finge di non sapere che l’udienza su Assange è una notizia e va data a prescindere dal giudizio (poteva parlarne e poi chiedere la garrota). O forse pensa che il Fatto si sia messo d’accordo mesi fa con l’Alta Corte per fissare l’udienza il 20 febbraio dopo aver saputo da Putin (e da chi se no?) che Navalny sarebbe morto il 16.

Ribaltare il suo sragionamento a pene canino sarebbe facile: chi cambia discorso per parlare di Navalny lo fa allo scopo ripugnante di sminuire la persecuzione di Assange. Ma significherebbe ridursi al suo livello, cioè sottozero. Noi, per strano che possa sembrargli, proviamo lo stesso sdegno per i perseguitati da tutti i regimi: Navalny (malgrado le sue idee razziste), Assange, Khashoggi (segato a pezzi dai servizi di Bin Salman), Gonzalo Lira (il blogger cileno e cittadino Usa arrestato perché criticava Zelensky e morto in un carcere ucraino), Andrea Rocchelli (il reporter italiano assassinato dalle truppe ucraine nel 2014 mentre documentava la guerra civile in Donbass e ancora in attesa di giustizia). Versiamo le stesse lacrime per i civili caduti in tutte le guerre: ucraini uccisi dai russi, ucraini del Donbass ammazzati dagli ucraini di Kiev, israeliani trucidati da Hamas, palestinesi sterminati da Israele. E siamo antifascisti contro tutti i fascisti: quelli italiani ed europei (inclusi i fascio-atlantisti finlandesi e baltici), quelli russi della Wagner e del nazionalismo navalnyano, quelli ucraini dell’Azov e di alcuni partiti filo-Zelensky. E non vediamo l’ora che qualcuno stili la hit parade dei crimini di guerra per scoprire se “l’Occidente fa come o peggio di Putin”. Nell’attesa, l’Occidente ha già stravinto a mani basse un campionato: quello dell’ipocrisia.

Il Fatto Quotidiano, 9 febbraio 2024

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