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LES ENFANTS DU PARADIS (AMANTI PERDUTI, 1945) – di Teresa Gunnella [Ciak]

Il più famoso film francese, omaggio all'arte della scena, venne girato fra mille difficoltà durante l'occupazione nazista

Il più famoso film francese, omaggio all’arte della scena, venne girato fra mille difficoltà durante l’occupazione nazista

di Teresa Gunnella

Quando nel giugno del ’43 il regista Marcel Carné e il poeta Jacques Prévert incontrarono per caso a Nizza l’amico Jean-Louis Barrault non sospettavano certo che quella circostanza avrebbe innescato una serie di eventi culminanti con la realizzazione di Les Enfants du Paradis, vero e proprio «monumento» del cinema d’oltralpe, definito con enfasi dallo giuria dei César nel ’71 addirittura «il miglior film nella storia del cinema sonoro in Francia».
Carné e Prévert avevano già collaborato in sette film ed erano senza dubbio il binomio creativo più famoso dell’epoca. Da tempo erano alla ricerca di un nuovo soggetto, me le restrizioni imposte dai governo di Vichy rendevano la scelta assai problematica. Sebbene si cercasse di incrementare la produzione (oltre 200 pellicole furono ultimate durante l’occupazione), il controllo sui soggetti era rigidissimo e i temi realistici, che avevano caratterizzato il cinema degli anni precedenti la guerra, andavano accuratamente evitati.
L’idea per il nuovo film venne fornita proprio do Jean-Louis Barroult, noto allora soprattutto come interprete teatrale, che raccontò loro degli aneddoti sulla vita di Baptiste Debureau, un famoso mimo dell’Ottocento. Prendendo spunto dal personaggio, Prévert e Carné si misero al lavoro e dopo sei mesi di collaborazione il copione era pronto.
Ambientato nella Parigi di Luigi Filippo, Les Enfants du Paradis appare già sulla carta come un ambizioso affresco d’epoca visto attraverso le vicende di un gruppo di personaggi. Fa da sfondo il famigerato Boulevard du Temple, meglio conosciuto come Boulevard du Crime, uno stradone pieno di vita, sede di moltissimi teatri (tra cui quello dei Funanbules, molto importante nella trama), dove, pare, veniva commesso un esorbitante numero di crimini impuniti. Il film è diviso in due partì, «Le Boulevard du Crime» e «L’homme blanc». Al centro degli eventi è Garance, una bella attrice di spirito indipendente di cui sono innamorati quattro uomini: Lacenaire, criminale gentiluomo; Frédèrick Lemaître, celebre attore classico; Baptiste Dubureau, mimo; e il ricchissimo conte De Montray: i primi tre personaggi sono realmente esistiti. Le vicende dei protagonisti si dipanano in un lungo periodo. Dapprima Garance ha una relazione con Lacenaire, stanca convive per un periodo con Lemaître per poi diventare la disincantata amante del ricchissimo de Montray che le regala una vita di lussi. Paradossalmente il vero amore, il languido mimo Baptiste, che pure la ama, continuerà ad eluderla per una serie di bizzarrie del destino.
Per quanto romantico, il film non è però soltanto una storia d’amore, le vicende sentimentali dei protagonisti sono infatti legate indissolubilmente a quelle artistiche. Almeno cinque diversi tipi di spettacolo teatrale sono presenti in Les Enfants du Paradis e la vita sul palcoscenico non è certamente di contorno. Il quadro è arricchito da una folla di saltimbanchi, mimi, clown, imprenditori, piccoli e grandi criminali e altri curiosi personaggi come Jericho, un vecchio barbone che nelle intenzioni di Prévert doveva rappresentare il destino.
Come protagonista nei panni di Garance, Carné volle Arletty. Nata artisticamente nel teatro musicale, l’attrice dall’insolito nome (preso da «Arlette», una novella di Maupassant) era allora molto famosa e aveva appena girato con Carné e Prévert L’amore e il diavolo, una storia di ambientazione medievale. Quando le venne offerta la parte, Arletty aveva già 45 anni, ma apparve subito perfetta nel ruolo di Garance. Sicura e affascinante, dice a Baptiste: «Je ne suis pas belle, je suis vivante», ed è questa forse lo sua vera qualità, quella di apparire viva e autentica più che convenzionalmente bella. All’apice della carriera Arletty soffrì gli eventi del dopoguerra. Non te si perdonò facilmente una sua relazione con un afficiale tedesco negli anni di Vichy. Ma, vicende personali a parte, è difficile sottovalutare il valore artistico dell’attrice, scomparsa nel ’92 all’età di 94 armi.
La parte di Baptiste apparteneva naturalmente a Barrault che dal canto sua era entusiasta all’idea di interpretare il suo idolo. Ma gli impegni con lo Comédie-Française rendevano problematica la sua partecipazione al progetto di Carné. Tante che a un certe punto il regista aveva pensato di offrire il ruolo a Jacques Tati, ed è curioso pensare come sarebbe stato Baptiste interpretato da lui. Alla fine Barrault riuscì a conciliare cinema e palcoscenico e diede vita a uno dei personaggi più famosi del cinema francese, senza dubbio la sua migliore interpretazione sullo schermo. Ugualmente di prestigio il resto del cast: da Pierre Brasseur nei panni di Lemaître, alla spagnola Maria Casarés in quelli della ostinata moglie di Baptiste, le interpretazioni sono tutte di prim’ordine.
Carné decise di fare le cose in grande girando il film tra gli studi di Parigi e Nizza e ricostruendo un immenso set all’aperto, il Boulevard du Crime. La lavorazione prese il via nell’agosto del 1943, ma subito una serie di complicazioni rischiò di mandare tutto all’aria. Lo sbarco degli alleati in Sicilia, ad esempio, provocò la prima interruzione. Le autorità di Vichy reputarono la situazione troppo pericolosa e richiamarono tutti a Parigi. Poco dopo, a causa delle leggi razziali, il produttore André Paulvè, ebreo, fu costretto ad andarsene. Il film rischiava così di rimanere per sempre un progetto, quando inaspettatamente intervenne lo casa di produzione Pathé e si riprese a lavorare. Intanto le interruzioni avevano portato il budget, già altissimo, alla somma di 58 milioni di franchi, cinque volte il costo di un film medio di allora, E i controlli sempre più severi non facilitavano di certo la situazione. Il musicista Joseph Cosma e lo scenografo Alexander Trauner, ebrei ungheresi, furono costretti ad esempio e collaborare clandestinamente usando pseudonimi. Ma la difficoltà maggiore fu causata dalla distruzione a causa di un’alluvione sul set del Boulevard Crime a Nizza.
Tra mille peripezie le riprese terminarono pochi giorni prima dello sbarco in Normandia. A quel punto Carné, sempre preoccupato di finire il film al più presto, se la prese con molta calma. Voleva far uscire Les Enfants du Paradis dopo la liberazione. Nel gennaio del ’45 il film era pronto. Tre copie di negativi furono noscoste in tre diverse località: una nei sotterranei dolla Banca di Francia, una nella cassaforte della Pathé e una nella cantinao di una villa della Provenza. La prima si tenne a Parigi il 9 marzo 1945.
La lunghezza del film, 195 minuti, creò subito dei problemi alla distribuzione. Al pubblico venne chiesto di pagare un prezzo doppio. Ma questo non frenò il successo di Les Enfants du Paradis, che con i soli biglietti venduti nei cinema di Parigi riuscì quasi ad ammortizzare i costi di produzione. Un successo che però non portò fortuna a Carné, che dovette fronteggiare, alla fine della guerra, i rancori dei comitati di liberazione che non avevano digerito la sua scelta di continuare a lavorare in Francia durante l’occupazione (i suoi colleghi, da René Clair a Jean Renoir, erano tutti riparati all’estero).
L’anno seguente il film fu distribuito in America in versione accorciata, cosa che avvenne anche in Italia: venne presentato come un Via col vento francese. Un paragone stiracchiato ma non del tutto fuori luogo. Entrambi i film rievocano infatti, vivacemente, uno stralcio di Ottocento, narrano le vicende di una donna legata a quattro uomini e sono forniti di un cast eccellente, con attori in alcuni casi al massimo dell’espressione artistica. Con la differenza che in Les Enfants du Paradis il carattere romantico è enormemente arricchito da una visione poetica dei legami tra vita e arte.

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LA SCHEDA DEL FILM

Titolo: Les Enfants du Paradis (due episodi: «Le Boulevard du Crime» e «L’homme blanc»; in Italia presentato in edizione ridotta col titolo Amanti perduti).
Regia: Marcel Carné.
Sceneggiatura e dialoghi: Jacques Prévert.
Fotografia: Roger Hubert.
Scenografia: Léon Barsacq, Alexandre Trauner.
Musica: Maurice Thiriet, Joseph Kosma e Georges Mouque, per le pantomime.
Interpreti: Arletty (Garance), Jean-Louis Barrault (Baptiste Dubureau), Pierre Brasseur (Frédèrick Lemaître), Maria Casarés (Nathalie), Marcel Herrand (Lacenaire), Louis Salou (conte Edouard De Montray).
Origine: Francia, 1943/46.
Durata (edizione originale): 3 h e 16’; (edizione italiana): 1 h e 35’.
La trama: impossibile e disperato amore fra il mimo Baptiste e la bella Garance, prima amante dell’attore Lemaître e poi del conte De Montray. Anche quando la morte di Montray permetterebbe l’happy end, Garance rinuncerà a Baptiste, ormai sposato con la dolce Nathalie. Ispirato alla vita del mimo ottocentesco Dubureau, il film è un omaggio al teatro e all’arte della recitazione.

CIAK, marzo 1994, pp. 100-103

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