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Accattone (1961)

Accattone (1961) – Recensione di Filippo Sacchi

Credo che ormai sarebbe ingenuo venire a raccontare Accattone al lettore. È da un anno che periodicamente l’Italia è costretta ad occuparsene. Il nostro è un Paese buffo. In nessun altro Paese normale un film come questo sarebbe diventato un affare di Stato.

Pier Paolo Pasolini: Accattone – Saggio di Serafino Murri

Pasolini nel girare Accattone, metteva le mani in una ferita aperta nella pseudo-coscienza borghese, quella dell’esistenza di due Italie, una ufficiale, l’Italia da esportazione, onesta, né povera né ricca ma allegra e sincera, e un’Italia miserrima, in cui tutto, dalla lingua ai codici morali, era fermo ad un passato mai risolto di carognesca vitalità senza scampo.

Pier Paolo Pasolini: Il mio Accattone in Tv dopo il genocidio

Accattone può essere visto anche, in laboratorio, come il prelievo di un modo di vita, cioè di una cultura. Se visto così, può essere un fenomeno interessante per un ricercatore, ma è un fenomeno tragico per chi ne è direttamente interessato: per esempio per me, che ne sono l’autore.

ACCATTONE: POET AND THE PIMP – Review by Stanley Kauffmann

Accattone lives as a work of narrow but intense vision—a film about viciousness and criminality that evokes compassion. Its style is neorealist: it was made on locations, not in studios, with nonprofessional performers. Sometimes this method makes merely vernacular films, but it gives Accattone a grainy, gripping authenticity.

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