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Daphne Caruana Galizia: Un’eredità incancellabile

Il governo maltese tenta in ogni modo di farla dimenticare. Ma il ricordo di Daphne Caruana Galizia, la giornalista uccisa nel 2017 per le sue inchieste, anima ancora il dibattito pubblico

di Janne Chaudron

Il governo maltese tenta in ogni modo di farla dimenticare. Ma il ricordo di Daphne Caruana Galizia, la giornalista uccisa nel 2017 per le sue inchieste, anima ancora il dibattito pubblico

Se si guarda bene l’asfalto, s’intravedono ancora i segni gialli che indicano il luogo del delitto. Sulla strada ci sono altri particolari che ricordano la giornalista maltese Daphne Caruana Galizia. Per esempio, i nastri viola che gli attivisti hanno avvolto intorno agli alberi o il grande ritratto in bianco e nero della giornalista sul prato di fronte alla casa della famiglia Caruana Galizia, a cinquanta metri dal luogo dell’omicidio. La tela è circondata da lumini rossi. Ce n’è uno acceso, a significare che non molto tempo fa qualcuno è passato a testimoniare la propria vicinanza. È trascorso un anno e mezzo da quando una bomba ha ucciso la giornalista, famosa per il suo blog sui politici corrotti del suo paese. I tre esecutori sono stati arrestati. Non si sa ancora chi è il mandante, ma pochi si stupirebbero se si scoprisse che l’ordine è partito dai vertici della politica. Caruana Galizia è ancora onnipresente qui a Malta, anche se il governo preferisce richiamare l’attenzione sulle attrazioni turistiche dell’isola. Ma chi guarda bene vedrà le tracce lasciate dall’omicidio. Nella capitale La Valletta, ai piedi del monumento che commemora l’assedio ottomano, la giornalista è ricordata con foto e poster che invocano giustizia. Anche qui si vedono i lumini rossi.

Al cancello di fronte al monumento sono stati attaccati dei lucchetti con delle immagini di Caruana Galizia. Alcuni turisti si fermano a guardare e scattano fotografie, irritando gli anziani seduti sulle panchine davanti al monumento, che gli fanno cenno di allontanarsi.

Secondo gli attivisti e la famiglia di Caruana Galizia è proprio questa l’intenzione del governo: assicurarsi che la giornalista sia dimenticata al più presto e voltare pagina. In questo clima, c’è chi si sente libero di rimuovere ogni giorno le foto. È per questo che ci sono i lucchetti.

Caruana Galizia era temuta dai politici. Aveva cominciato a occuparsi di corruzione nei primi anni novanta, ma poco prima di morire aveva svelato una grande rete criminale. Il premier maltese Joseph Muscat, del Partito laburista, si circonda di persone che riciclano denaro in paradisi fiscali e hanno rapporti con figure poco raccomandabili, come signori della guerra libici e azeri.

Ann Demarco di Occupy justice, un’associazione femminile fondata dopo l’omicidio di Caruana Galizia, arriva durante la pausa pranzo con uno zaino pieno di lumini e poster e un mazzo di fiori da lasciare ai piedi del monumento. Negli ultimi mesi ha notato dei cambiamenti. A settembre, quando Malta si apprestava a festeggiare l’indipendenza dal Regno Unito, il ministero della giustizia ha fatto di tutto per nascondere le immagini di Caruana Galizia. Il monumento è stato sbarrato con un altro cancello coperto con un telo giallo. “Credevano di intimidirci, ma non ci sono riusciti. Abbiamo appeso i poster al telo”, racconta Demarco. Il telo giallo è stato tolto e sostituito con un telo bianco, che gli attivisti hanno cominciato a coprire di graffiti. Poi il ministero ha fatto girare il telo, in modo che i turisti di passaggio non vedessero le scritte.

Ventotto cause

C’è un posto a Malta dove Caruana Galizia sembra non essere mai scomparsa. È la sua abitazione a Bidnija, un paesino a venti minuti dalla Valletta. La casa è in cima a una collina, a qualche decina di metri dalla strada principale. Davanti al cancello sono di guardia due agenti. Quando si entra si è subito osservati da un ritratto di Caruana Galizia, con il suo sorriso timido e il naso affilato. Sui tavoli ci sono mucchi di giornali: oltre a tenere un blog, Caruana Galizia dirigeva una rivista, Taste & Flair.

Dei suoi tre figli, Matthew, il maggiore, era il più coinvolto nelle inchieste della madre. All’epoca dell’omicidio lavorava per l’International council of investigative journalists (Icij), la piattaforma che nel 2016 ha pubblicato i Panama papers. Il fascicolo conteneva informazioni scottanti su Malta: si è scoperto che il ministro del turismo Konrad Mizzi e il capo di gabinetto del primo ministro, Keith Schembri, hanno fondato delle società offshore a Panama. Dalle carte è emersa anche una terza società, la Egrant, legata allo studio legale Mossack Fonseca. In seguito Caruana Galizia ha ricollegato questa società alla moglie di Joseph Muscat. Poco dopo l’articolo sulla Egrant la giornalista è stata uccisa.

“Tutte queste rivelazioni non hanno avuto conseguenze”, sostiene Matthew. Il governo ha commissionato un rapporto sulla Egrant, ma ne ha rese pubbliche appena cinquanta pagine. E i politici citati nei Panama papers non si sono mai dimessi, figurarsi se saranno indagati. Matthew non ha quasi avuto il tempo di elaborare il lutto per la morte della madre: “Sono stato in tribunale fin dal primo giorno”.

Sono ventotto le cause ancora in corso contro la famiglia Caruana Galizia, soprattutto per diffamazione. Il fatto che la diretta interessata non ci sia più non fa differenza. Il ministro dell’economia ha fatto bloccare il conto della giornalista: Caruana Galizia aveva scritto delle scappatelle del ministro in un bordello tedesco.

Matthew sapeva che la madre correva dei rischi. Aveva un’enorme rete di contatti e probabilmente le sue fonti erano interne al governo: “Poteva contare su un grande sostegno. C’erano giorni in cui riceveva anche duecento sms”.

Il giorno dell’omicidio Matthew era a Bidnija. “Ho sentito l’esplosione e ho capito subito cos’era successo. La sua morte è stato un trauma, ma non è arrivata inaspettata”. Caruana Galizia riceveva minacce già da molto tempo. “Pensi sempre che certe cose succedono in Russia, non in un paese dell’Unione europea. Ma è un’illusione”. Per Matthew è stato un duro colpo. A un anno e mezzo dalla morte di sua madre, nonostante le indagini e le pressioni delle istituzioni europee, non è cambiato nulla. I politici corrotti sono ancora al potere.

La cosa che più disturba Matthew è che il premier maltese si presenta ai colleghi europei come un paladino dei diritti e non fa mistero di aspirare a un ruolo di primo piano nella prossima Commissione europea. Matthew lo trova disgustoso: “Sono dinamiche mafiose. Tutta la cerchia intorno a Muscat è corrotta e si arricchisce in modi loschi”. Il problema più grande è che gli enti incaricati di contrastare la corruzione non fanno il loro lavoro: gli uomini di Muscat sono anche lì.

Matthew ha lasciato l’Icij e viaggia in tutto il mondo per parlare della madre e convincere le autorità a prendere misure contro Malta. Dopo l’omicidio, i fratelli di Matthew hanno scelto di trasferirsi all’estero. Lui ha deciso di restare, nonostante i rischi.

Tutto in vendita

Davanti al tribunale della Valletta una delle tre sorelle di Caruana Galizia, Corinne Vella, spiega i rapporti di potere all’interno del governo di Malta e sottolinea che non è Muscat a tenere le redini. “La mente è il capo di gabinetto Keith Schembri”, afferma: è lui ad aver avuto l’idea di intensificare i contatti con il governo azero. “Anni fa la figlia del presidente dell’Azerbaigian, Leyla Aliyeva, fu accolta come una regina. Fu invitata a una mostra e a un evento di raccolta fondi. Viaggiò a bordo dell’aereo privato del premier. Era evidente che non si trattava di una semplice visita diplomatica”. Nel 2013 Konrad Mizzi, allora ministro dell’energia, siglò un accordo per la fornitura di gas con l’Azerbaigian a un prezzo nettamente superiore a quello di mercato. Numerose prove dimostrano che il denaro fruttato da questo accordo fu trasferito su vari conti bancari a Dubai. Sono tutte cose che Caruana Galizia ha rivelato sul suo blog.

Vella ricorda gli esordi della sorella: “A 23 anni cominciò a lavorare per un quotidiano maltese. Gli altri giornalisti erano tutti uomini, e Daphne dovette lottare per farsi spazio”. Già allora Caruana Galizia toccava corde delicate nella società maltese. Nei suoi articoli affrontava l’enorme influenza della chiesa cattolica e si occupava di diritti delle donne. Quando Malta è diventata un’importante destinazione per i profughi, ha criticato le politica di chiusura del governo e denunciato la xenofobia della società maltese. L’isola ospita due campi per i migranti, da cui i giornalisti sono tenuti lontani.

Caruana Galizia ha cominciato ad affermarsi davvero solo quando ha aperto il suo blog, poco prima delle elezioni maltesi del 2008. “Si era fatta un nome con i suoi articoli e la gente ha subito cominciato a darle informazioni. Si fidavano di lei perché non rivelava mai le sue fonti”, spiega Vella. “La sua rete si è ingrandita molto rapidamente”. Secondo Vella l’inchiesta più importante di Caruana Galizia è stata quella sui cosiddetti passaporti dorati. Dal 2013 – quando Muscat ha ottenuto il secondo mandato – gli stranieri ricchi possono comprare passaporti maltesi. Le condizioni non sono particolarmente rigide: basta pagare 650mila euro e affittare o acquistare una casa a Malta. L’iniziativa ha avuto grande successo, ma favorisce la criminalità. Per molti stranieri è una soluzione ideale per riciclare denaro o avere accesso all’Unione europea. Caruana Galizia è stata una delle prime a denunciare la nuova legge, che avrebbe permesso ad alcune persone del governo – Schembri in particolare – di arricchirsi notevolmente.

Senza prospettive

Il blogger Manuel Delia, che considerava Caruana Galizia un modello, ha continuato il suo lavoro sui passaporti. Anche se gli indirizzi degli stranieri sono tenuti segreti per motivi di privacy, Delia è riuscito a rintracciarne alcuni. Le case che comprano restano quasi tutte vuote, perché ai compratori non interessa vivere a Malta. San Gwann, un paese a pochi chilometri da La Valletta, è la base ideale per queste persone: le case costano molto meno rispetto alla capitale. Delia indica un condominio in una strada tranquilla. Qui, nei seminterrati dei numeri 9a e 9b, risiedono l’oligarca russo Dmitri Dojkin e l’emiratino Fadi Megio. Il primo ha fatto fortuna nel mondo dello sport, il secondo è un costruttore. I vicini dicono di non aver mai visto nessuno nei due appartamenti. A Malta esistono centinaia di case così. Per quanto la situazione appaia disperata, la morte di Caruana Galizia ha messo in moto qualcosa. Ann Demarco cita le varie associazioni fondate dopo l’omicidio e che si battono per ottenere giustizia. Inoltre le inchieste di Caruana Galizia sono portate avanti da Shift News, una testata online maltese che si occupa soprattutto di corruzione. Qual è l’eredità della giornalista? Matthew non ha dubbi: “Anche se sembra che non ci siano prospettive, bisogna continuare a lottare per la giustizia”.

Trouw, 9 Aprile 2019

Internazionale n. 1305, 3 Maggio 2019

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