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ROMA-LIVERPOOL, 30 MAGGIO 1984: LE PAGINE DI “REPUBBLICA”

Finale della Coppa dei Campioni 1984, Roma-Liverpool raccontata nelle pagine del quotidiano la Repubblica
Coppa dei Campioni 1984, Liverpool-Roma, il gol di Roberto Pruzzo

SI È FERMATA A UNDICI METRI DALL’EUROPA

di Gianni Mura

ROMA – Pruzzo e Cerezo, si comincia. Appena un inglese tocca la palla vien giù lo stadio dai fischi. L’inizio è contratto, timoroso per tutte e due le squadre. All’8′ c’è la prima vera azione, un veloce inserimento da destra di Conti, palla a Cerezo, traversone basso per Graziani che Grobbelaar anticipa di giustezza. Al 10′ ancora bene e in velocità sulla sinistra intesa Nela-Graziani, sul cross Grobbelaar arriva prima di Pruzzo. Nel rispetto di una zona pressoché totale, Pruzzo è controllato da Lawrenson e Graziani da Neal, mentre Rush, la punta più avanzata del Liverpool, svaria su tutto il fronte d’attacco e grazie a lui al 15′ in modo strano, anzi sospetto, segna il Liverpool. Cross di Johnston dalla destra, spiovente sulla destra della porta. Tancredi blocca la palla ma la perde nello spigoloso contatto con Rush, Bonetti rinvia alla disperata sul corpo di Tancredi la palla al terzino Nela che tira praticamente un rigore: non può sbagliare. Ma c’era fallo su Tancredi, e più di un sospetto, ma Fredriksson dice che tutto è regolare. Ora sale il ritmo della partita, prima piuttosto blando, ed era il Liverpool a tenerlo basso. La Roma accusa la botta, fatica a riorganizzarsi. A centrocampo i rossi sono in superiorità numerica e un grosso tipo si sta rivelando Whelan, che si trova dappertutto, come il miglior Falcao, mentre il miglior Falcao, è altrove. Al 25′ bel numero di Graziani (l’aveva detto, lo sentiva che era la sua partita) che beve due difensori, ma ottiene solo un corner su cui Di Bartolomei scarica il destro. Fuori. È il primo tiro della Roma. Ancora bravo Graziani al 27′ in una conclusione a fil di palo che Grobbelaar assorbe con qualche difficoltà. Bruno Conti, che sulla destra vedeva pochi palloni con Kennedy, ora staziona a sinistra. Maretta per una brutta entrata di Whelan su Falcao, da una trentina di metri, è scandalosamente fuori. Picchia mica male, il Liverpool, solo quando serve, si capisce. Ma intanto la Roma, che si è messa a giocare all’inglese (mentre il Liverpool, trovato il gol, non ha più rumoreggiato) trova difficoltosa la marcia di avvicinamento a Grobbelaar. Al 39′ papera di Bonetti che serve Dalglish, subito a Rush tiraccio che Tancredi manda in angolo. Brutto cliente questo Rush, anima luna ma per nulla lenta, anzi, rapida ed efficace. Preme la Roma e ottiene un pareggio ampiamente meritato. Al 43′ Conti lavora un pallone sulla sinistra, il suo primo cross è ribattuto, il secondo trova puntuale la testa di Pruzzo, splendida nell’impatto. Grobbelaar non può farci niente. Lo stadio torna a bruciare, anche Pertini non riesce a nascondere un moto di gioia. La partita riprende quota: è trasmessa in diretta in 76 paesi, sono presenti 109 radiocronisti e telecronisti, 506 giornalisti, 120 fotografi. Al 3′ brillante iniziativa di Righetti, che serve Cerezo, poi a Nela, conclusione deviata da un difensore. È un buon momento per la Roma, che al 7′ sfiora il gol. Da Conti a Nela a Cerezo a Graziani, ma Graziani è sbilanciato e il suo colpo di testa manca di potenza, è solo un servizio al portiere. Al 9′ è bloccato un tiro di Falcao. Toccando ferro, gli inglesi sembrano piuttosto cotti. Melinano per rifiatare. Due volte su Rush scatta la trappola del fuorigioco. Al 16′ papera di Grobbelaar, che perde palla, ma lo zoppicante Pruzzo non ne approfitta. Si scalda Chierico ai bordi del campo e al 18′ rileva Pruzzo. Graziani va a piazzarsi punta centrale. Dei rossi, paiono molto meno lucidi Johnston e Souness. Al 24′ pericoloso cross di Kennedy da sinistra, ma nessuno dei suoi lo sfrutta. La Roma non deve rilassarsi a questo punto, anche se l’avversario è meno unghiuto del previsto. Al 26′ Fagan richiama lo spompato Johnston: entra Nicol. Accenno di litigio a capocciate fra Di Bartolomei e Dalglish. C’è stato un sensibile abbassamento di ritmo, si profilano i supplementari. Stranamente, come Platini a Basilea del resto, si continua a prendere atto che Falcao non è divino come nelle attese della curva sud. Il brasiliano lotta in trincea, come si usa dire, ma non c’è la sua regia. Al 31′ bel contropiede di Nela che rovina tutto: incerto se concludere di persona o servire Graziani, serve Lawrenson e buonasera. Due minuti dopo un insidioso rasoterra di Dalglish dal limite è smanacciato via da Tancredi. Al 38′ frana Conti in area, ma l’arbitro non si lascia impietosire. Anche la Roma comincia a sentire la fatica. Al 41′ Tancredi è bravo a salvare il pareggio ribattendo su Nicol che i suoi compagni credevano in fuorigioco. La conclusione ravvicinata dell’inglese trova pronto il portiere giallorosso. Attenzione, la Roma si sta chiudendo troppo in area e sono saltati i collegamenti. In mezzo al campo Cerezo è il più volenteroso e cerca di tappare tutti i buchi. La Roma, oltre alla stanchezza, accusa l’uscita dal campo di Pruzzo, che era la stella polare della manovra offensiva. Un po’ per sua generosità personale, un po’ per necessità contingenti, Graziani vagola per il campo. A un minuto dalla fine Conti pesca solo Chierico, ma è in fuorigioco. E così, si va ai supplementari, mentre tutto lo stadio (inglesi a parte, ovviamente) si ritrova a meditare con molto timore sulla proverbiale resistenza, sul mitico fondo delle squadre britanniche. Molti giocatori si fanno massaggiare. A questo punto non vincerà il migliore, ma il meno stanco. Al 94′ esce Dalglish per Robinson. Al 100′ ci prova Conti da fuori. Al 106′ ancora Conti, ma ribatte il muro dei rossi. E quando non ci sono i suoi compagni, provvede Grobbelaar (109′) che vola in tuffo su un tiro del solito Conti. Altra botta di Di Bartolomei, che una schiena devia. Si stira Cerezo, entra Strukelij (115′). Ammonito Di Bartolomei, che stende Lawrenson. Sempre più stancamente, in una tensione enorme, si va ai calci di rigore. Sbagliano prima gli inglesi con Nicol. Segna Di Bartolomei; poi Neal. Di Conti il primo errore della Roma: manda fuori. Gli inglesi non sbagliano più. Vanno in gol Souness, Rush e Kennedy. Dopo Conti solo Righetti riesce a trasformare. Con l’errore di Graziani e l’ultima rete di Kennedy la Roma lascia al Liverpool la Coppa dei Campioni.

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COMUNQUE ROMA GRAZIE LO STESSO

di Gianni Brera

Piange il cuore a pensarci: la Roma è stata amaramente beffata nel banale e fors’anche indegno giochetto dei rigori. Mentre mi appresto a dettare, scorgo Righetti consolare Graziani, che sentendosi colpevole della sua parte, si avvia piangendo agli spogliatoi. Ha scagliato alle stelle un rigore esattamente come aveva già fatto Conti, emozionato fino al tracollo. Per ironia della sorte, erano stati proprio loro fra i migliori. E tanto avevano dato, sicuramente, da non aver dentro più nulla. Così, si è compiuto il destino della Roma, che avrebbe potuto far sua la Coppa e non vi è riuscita per insipienza pari alla sfortuna. Avrebbe potuto e dovuto vincere nel secondo tempo regolamentare, quando con nostra grande sorpresa i liverpooliani si sono piantati come brocchi stremati e logori. Per sua massima disgrazia, è mancato alla Roma il miglior goleador di cui disponesse, quel Pruzzo che, in insigne torsione, era salito a incornare di parietale il prezioso cross-gol di Conti. Pruzzo si è infortunato e il volenteroso Chierico ha unito la propria modestia a quella di troppi altri. Si sono viste allora due squadre frenate e quasi spente: balbettavano letteralmente calcio declassando la più prestigiosa finale europea a una contesa di ex. Il solo primo tempo era stato giocato in piena decenza. Al via, da parte di un Liverpool degno davvero della sua fama e tuttavia fortunato in occasione del suo unico gol: poi, sempre meglio da parte della Roma, il cui pareggio è riuscito bellissimo. Infine la grande delusione, l’amarezza di vedere tutto sfumare per l’obnubilamento improvviso e sicuramente penoso di due protagonisti, Conti e Graziani. Gli inglesi, che la fortuna ha poi premiato ad usura, avevano accennato a regalarci tutto con un comico errore del giovane Nico, primo rigorista designato. Questo dono non è bastato alla Roma: i collaudati inglesi si portano a casa la loro quarta Coppa. A noi, la consolazione, ahimè, abbastanza magra, di sentire i tifosi romani invocare la loro squadra con un amore e una devozione superiori all’amarezza. Con dietro questa gente, una società non può davvero fallire. E la Roma, entrata con pieno diritto fra le grandi d’Europa, saprà immancabilmente confermare questo augurio.

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E DOPO PER LE STRADE LA CACCIA ALL’INGLESE

di Franco Recanatesi

ROMA – Non sono valsi né gli appelli né l’imponente schieramento delle forze dell’ordine a non appiccicare una coda velenosa alla “storica giornata” del calcio romano. Dopo le 23, quando la partita era appena terminata, nei dintorni dell’Olimpico e, più tardi, per le vie del centro, si è scatenata una guerriglia fra sostenitori giallorossi e del Liverpool. Il bollettino di questa assurda guerra parla, per ora, di un ragazzo in coma, di un uomo sotto i ferri, di una trentina di feriti. Il giovane si chiama Marco Pomponi, ha appena 18 anni, gli hanno spaccato la testa con una bottiglia. I medici del San Camillo dicono che le sue condizioni sono molto gravi. In servizio di leva, doveva raggiungere proprio oggi il suo reggimento al Nord. L’uomo sotto i ferri è un quarantesettenne, George Skarp. Era venuto a Roma assieme al figlio, gli hanno piantato una lama fra le costole. Ad attaccar briga erano stati, per la verità, alcuni teppisti di casa nostra che avevano preso a sassate i pullman carichi di “fans” inglesi. Qualche vetro rotto, ma era solo la prima scintilla. I fratellini dei Beatles, si sa, non sono tipi da porgere l’altra guancia: la loro fama è di scassavetrine e grande perizia nel gioco del coltello. Intorno allo stadio era nata una gran cagnara, sibilavano le sirene della polizia e delle autoambulanze. Sì, eccoli i coltelli, ma non erano solo inglesi. Tant’è che George Skarp era il primo a finire in ospedale. Altri venivano soccorsi e medicati nel giro di un paio d’ore piuttosto tumultuose e allarmanti. Non c’è stato il morto ammazzato, e qualcuno ricordando le previsioni, dice che è già un gran risultato. Beato lui. Peccato che questi inguaribili ottimisti non abbiano assistito alla brutale caccia all’uomo (inglese) organizzata a mezzanotte passata nei dintorni della stazione dove ragazzi di Liverpool sono stati aggrediti a colpi di spranghe. O gli atti di vandalismo compiuti in piazza del Popolo, dove gli spaccavetrine sono stati italiani. E anche martellatori. Feriti e arresti cancellano tutte le buone promesse che Roma aveva formulato nell’attesa della partita. Una città in amore, fin dal mattino, adagiata, concentrata sull’amore verso la propria squadra. Ed anche ingentilita. Roma – udite, udite -, rivelava persino servizi efficienti e traffico scorrevole. Funzionava tutto, aeroporti, autobus, taxi, anche perché lo “storico evento” aveva spazzato via o interrotto qualsiasi sciopero. I supporters inglesi potevano vagare senza intralci lungo le strade assolate, caricandosi di birra ma senza manifestare eccessi. Un migliaio avevano trascorso la mattinata a piazza San Pietro, dove il papa teneva la consueta udienza del mercoledì: scamiciati e schierati nelle primissime file, con quegli addobbi bianchi e rossi, il pontefice li ha scambiati per polacchi e benedetti con particolare fervore. Felicissimi anche i venditori di gadgets (quante macchine degli ambulanti targate Napoli!) che hanno incassato somme cospicue distribuendo bandiere da duemila, cinquemila e diecimila lire, sciarpe, raganelle, berrettini. Ma è andato forte soprattutto l’annuncio mortuario, un bel manifesto listato a lutto con la scritta “Dopo novanta minuti di agonia si è spento il LIVERPOOL. Ne danno il felice annuncio la Roma e i tifosi tutti”. Che azzardo. Certo, la città in amore aveva trovato i suoi predatori. Non solo fra gli abusivi: la Cinzano, per esempio, aveva tempestivamente immesso sul mercato cittadino un vermut con l’etichetta giallorossa; e un’altrettanto rinomata ditta di confezioni, una maglietta con l’immagine della Coppa dei Campioni. Meno bene è andata ad un altro genere di predatori, i bagarini, costretti a svendere i biglietti sottocosto dopo avere chiesto fino al giorno prima centomila lire per una “Tevere” e 300.000 per una “Monte Mario”. L’avvenimento, del resto, assumendo dimensioni assai prossime all’irripetibilità, aveva incoraggiato al rischio. Bastava sfogliare i giornali di ieri per misurarne la temperatura: pagine e pagine dedicate alla sfida, il “fenomeno” sezionato e analizzato da esperti illustri. Ma un “fenomeno”, ecco ciò che gli esperti hanno taciuto, circoscritto alla città di Roma. L’altra Italia ha fatto festa alla vittoria del Liverpool, sicuramente le schiere di fede juventina che non hanno dimenticato gli striscioni “Grazie Amburgo” (la squadra che sconfisse i torinesi nella scorsa finale della Coppa dei Campioni) con i quali furono accolti all’Olimpico. Ma non solo gli juventini. Roma non fa breccia nella simpatia popolare, di conseguenza neanche la Roma. “Mi piacerebbe la Francia, dove tutti si sentono Napoleone. Roma no, tutti credono di essere Cristo”, scrisse Scott Fitzgerald. Mezza Italia la pensa sicuramente come lui. Per questo la sconfitta incupisce ancor più la città in amore: perché la sua gente avverte l’assenza di solidarietà, perché Liedholm e Falcao l’avevano portata a due passi da una conquista che avrebbe potuto sventolare in faccia a chi non le vuol bene.

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‘IRREGOLARE IL GOL DI NEAL’

“Hanno vinto i più esperti”

di Giuseppe Smorto

SUBITO DOPO IL GOL PRUZZO COLTO DA MALORE

ROMA – Delegati a parlare ufficialmente per la Roma sono soltanto Di Bartolomei, il capitano, e Pruzzo, il goleador. Perché è uscito dal campo Pruzzo? “Una specie di colica, improvvisa, verso la fine del primo tempo. Forse qualcosa che mi ha fatto male, va a sapere. Sono convinto che anche con me in campo sarebbe finita allo stesso modo. Purtroppo i rigori sono un terno al lotto, noi ai rigori abbiamo vinto due Coppe Italia e abbiamo perso questa, molto più importante. Evidentemente loro erano più tranquilli di noi. Abbiamo addosso una gran delusione”. Cosa pensa del suo gol, gli chiedono. E lui con molto realismo: “Che non è servito assolutamente a nulla”. Il quinto rigorista, che non ha nemmeno tirato, per la Roma era Chierico. Il primo, che ha dato la grande illusione di vittoria dopo l’errore di Nicol, è stato Di Bartolomei: “La verità è che siamo stati massacrati dai crampi, ne hanno sofferto Pruzzo, Nela, Cerezo. Loro tenevano bene la palla, ci hanno fatto correre un sacco. Purtroppo a questi livelli non ci sono due coppe ce n’è solo una, e l’hanno vinta i più esperti, i più freddi. Noi ci abbiamo provato per tutti i novanta minuti e poi nei supplementari. Rimango convinto che il mio tiro sarebbe entrato, se non l’avesse deviato una schiena. E il loro gol era viziato da un fallo su Tancredi, ma non attacchiamoci adesso ai soliti piagnistei. L’arbitro è stato pignolo ma bravo, bravo anche quando mi ha ammonito. In effetti, avevo fatto un fallaccio. Penso che usciamo dalla partita a testa alta, non è un disonore perdere ai rigori col Liverpool”.

la Repubblica, 31 maggio 1984

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MA LA ROMA HA PERDUTO UN’OCCASIONE IRRIPETIBILE

VIAGGIO NEI NOVE TIRI CHE HANNO DECISO LA COPPA

di Gianni Brera

I RIGORI UNO PER UNO CERCANDO DI CAPIRE IL GRANDE FALLIMENTO (g.m.) – I calci di rigore non si chiamano così per caso. E quelli tirati dopo due ore di partita sono più di rigore degli altri calciati durante la partita e quindi in certo modo rimediabili. La Coppa dei Campioni non era mai stata decisa dagli undici metri, e adesso tutti dicono che non è giusto. Vero, ma intanto è andata così. Per maggiore freddezza o minore stanchezza (le due cose sono correlate) gli inglesi hanno sbagliato meno dei giallorossi. Vediamo come e perché, e diciamo che la Roma, prima che colpevole, è stata due volte sfortunata: per non aver chiuso la partita prima dei rigori, avendone avuto l’opportunità, e per essersi trovata “povera” di rigoristi. Oltre allo squalificato Maldera, non c’era Pruzzo, né Cerezo. Falcao non ama tirare rigori, quindi la scelta dei cinque era abbastanza obbligata. Adesso, naturalmente, è facile dire che si doveva fare diversamente, che Conti e Graziani sono due tipi emotivi. Altra osservazione: i portieri non hanno mai parato, perché chi ha sbagliato s’è giocato il tutto per tutto, non inquadrando la porta. Ecco i rigori uno per uno. NICOL. Fagan rischia con una “riserva”, ma sa di andare sul sicuro dopo. Nicol colpisce la palla troppo sotto, alzandola oltre la traversa. DI BARTOLOMEI. È rigorista di potenza pura, sa che il portiere di qua o di là si butta, calcia con violenza in mezzo alla porta, con rincorsa di un passo. Rischia solo se il portiere sta fermo, ma rischia di più il portiere, che finirebbe in porta col pallone. NEAL. È il rigorista della squadra e l’esecuzione più limpida è la sua. Tancredi sulla destra, pallone sulla sinistra. Perfetto. CONTI. Rincorsa semicircolare per caricare il sinistro. Arriva sbilanciato e alza troppo la mira. SOUNESS. Tira di destro sulla sinistra di Tancredi, che intuisce ma si butta rasoterra (in Italia quasi tutti tirano i rigori rasoterra) mentre il pallone entra alto. RIGHETTI. Anche questo è un bel rigore, tirato con freddezza, spiazzando Grobbelaar. RUSH. Destro basso sulla sinistra di Tancredi, che va dall’altra parte. L’impressione è che Rush abbia “sporcato” il tiro, ma gli è andata bene lo stesso. GRAZIANI. Arriva stravolto sul pallone (come Bossis a Siviglia), i calzettoni bassi, e mezzo stadio tocca ferro perché l’errore è nell’aria. Grobbelaar fa boccacce, mima passi di danza sulla linea bianca, per agitare Graziani, già agitato di suo. Arriva a petto alto, testa indietro, scoordinato. Spiazza il portiere, ma il suo destro “pizzica” la traversa e va fuori. KENNEDY. È il giustiziere mancino ed il suo è l’unico rigore della serata realizzato alla destra del portiere.

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UNA SERA VIOLENTA. GUERRA TRA BANDE IN TUTTA LA CITTÀ

DURI COMMENTI DEI GIORNALI INGLESI “LA VOSTRA VENDETTA È STATA AGGHIACCIANTE” LONDRA (p.f.d.t.) – La stampa inglese, dopo aver elogiato il Liverpool “re del calcio” dedica lunghe colonne di piombo alle violenze dei tifosi romanisti. La prima pagina dell’Evening Standard è dominata dalla fotografia di un tifoso inglese sanguinante sopra al titolo “La vendetta degli italiani sconfitti: tre nostri ragazzi accoltellati, molti feriti”. I racconti di cittadini britannici dopo la “vittoriosa gita romana” sono agghiaccianti. Vi si parla di notte di terrore, di teppisti romani ubriachi che armati di lunghi coltelli, di tubi e catene di ferro hanno assalito i tifosi del Liverpool. Normalmente sono le orde britanniche a suscitare le critiche più feroci della stampa e dell’opinione pubblica inglese ma gli avvenimenti romani hanno decisamente modificato questi giudizi. I fans britannici, di solito terrore dei cittadini inglesi, sono diventati le vittime. Nessuno si aspettava qui che i tifosi italiani potessero essere ancor più “bestiali” di quelli britannici. Gli inglesi dicono e scrivono stasera che “la furia degli italiani è derivata dalla disperata ricerca di capri-espiatori della sconfitta romanista”. A Londra si difende anche l’operato dell’arbitro accusato “ingiustamente” di favoritismo nei confronti del Liverpool.

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NELLE COPPE ’85 LA FINALISSIMA IN CAMPO NEUTRO

Le prossime finali della Coppa delle Coppe e della Coppa dei Campioni si giocheranno in campo neutro. Lo ha detto il presidente dell’Uefa Jacques Georges. “Quando una finale si disputa in casa di una delle due squadre – ha detto – i rischi sono troppo numerosi. Dal prossimo anno, per scegliere la sede della finale aspetteremo i quarti”. Il sindaco di Liverpool, Hugh Dalton, ha proposto di giocare a Liverpool un’amichevole con la Roma “per sdrammatizzare il clima di antagonismo” fra le due squadre. La Super Coppa Europea vedrà di fronte il Liverpool e la Juventus rispettivamente detentori della Coppa dei Campioni e della Coppa delle Coppe.

la Repubblica, 01 giugno 1984

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