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IL CASTELLO ERRANTE DI HOWL: MIYAZAKI LIBERA TUTTI

Il 9 settembre esce in Italia Il castello errante di Howl del regista giapponese Hayao Miyazaki. Che anche questa volta assegna all’immaginazione dei bambini il compito di salvare il mondo
Howl's Moving Castle

by Masahiko Ishikawa, AERA, GIAPPONE

Il gatto-bus, personaggio di Il mio vicino Totoro, ci porta negli studi di animazione Ghibli, alla periferia ovest di Tokyo. Arriviamo dal cielo all’imbrunire. Hayao Miyazaki, immobile nel giardino sul tetto dell’edificio, guarda l’erba delle pampas muoversi nel vento. Aspetta il tramonto. Con gli occhi fissi verso occidente, sembra deciso a non perdersi neanche un momento di questo spettacolo. Ma anche se è assorto, il suo cervello è in ebollizione: “Perché ogni sera il tramonto ha colori diversi? Da dove viene questa bellezza? Come posso usarla per un nuovo lavoro o nuovi personaggi?”. Non ne parla mai, ma Miyazaki è alla continua ricerca del modo per liberare i bambini del Giappone di oggi.
Poi il Gatto-bus fila via a tutta velocità. Adesso ci dirigiamo verso ovest, sorvoliamo l’autostrada Tomei e arriviamo sopra il lago Tanzawa, a sudovest di Tokyo. Senza rallentare il Gatto-bus gli passa accanto per penetrare nella montagna. Passa sopra diversi ponti dal nome poetico: Takitsubo (Fondo della cascata), Asase (Acque poco profonde), Yutaki (Cascata del crepuscolo). Ben presto scorgiamo degli adulti e dei bambini impegnati ad aprirsi un sentiero nella montagna. Sono i membri dell’associazione Morino-uta (L’eco della foresta), fondata nel 2004. Il suo obiettivo è creare una foresta che rappresenti un “altro mondo”, dove i ragazzi possono divertirsi e gli adulti riposarsi e rasserenarsi. Perché la “foresta”, spiega il presidente dell’associazione, Mitauyasu Oda, “fornisce energia vitale. Ne costruiremo una impenetrabile e misteriosa, come quella rappresentata nei film di Miyazaki. Una foresta dove si possono fare incontri fantastici ed esperienze incredibili”.
Ma bisogna ancora darsi da fare. Non c’è acqua corrente e l’elettricità è stata messa da poco. Durante il fine settimana i membri dell’associazione arrivano in tanti per creare sentieri simili a quelli tracciati dagli animali selvatici, tagliare tronchi e costruire scale lungo i pendii più ripidi. Hanno anche rifatto il pavimento della fatiscente baracca del cantiere, costruito bagni e fabbricato un forno. La regola è lasciare il lavoro incompiuto o con un difetto, in modo che i visitatori successivi possano scoprire la foresta e dare il loro contributo. In futuro l’associazione vuole organizzare dei corsi estivi per ragazzi e proporre una “terapia della foresta” per la gente stressata. “Mi sembra eccessivo affermare che difendiamo il bosco. Direi piuttosto che abusiamo della sua ospitalità. Quello che ognuno di noi può trarne è infinito”, spiega Toshifumi Motohashi, responsabile del rimboschimento presso le cartiere Oji, che hanno messo quest’area a disposizione dell’associazione.

Un geniale falsario
Il cinema di Miyazaki si caratterizza anche per la “singolarità” di alcuni personaggi o degli oggetti dei suoi film. Non contento di introdurre nei suoi cartoni animati elementi incomprensibili e inverosimili, Miyazaki li rende reali, come se esistessero nella vita di tutti i giorni. Il Gatto-bus ci porta al museo Ghibli, nella città di Mitaka (alla periferia ovest di Tokyo) per mostrarci degli esempi. Ecco Omu, una sorta di onisco gigante che appare in Nausicaa della valle del vento o l’isola che galleggia nel cielo blu di Laputa; Tatarigami, il dio malefico della Principessa Mononoke; lo stabilimento balneare di Aburaya che serve da scenografia al viaggio di Chihiro nella Città incantata o, ancora, Il castello errante di Howl che va in giro per il mondo su quattro zampe. Il regista spiega: “Quando nella sua immaginazione un bambino incontra qualcosa di bello, non gli si dovrebbe mai dire che questa cosa non esiste. Un insegnante o un genitore dovrebbe avere il coraggio di dirgli che queste cose esistono anche se nessuno le ha mai incontrate”.
Adesso il Gatto-bus, che può trasportarci nell’epoca che vogliamo, ci conduce a Tokorozawa (a nord di Tokyo) negli anni quaranta e cinquanta. Ci troviamo nel mondo di Il mio vicino Totoro. Dall’alto vediamo Mei, che ha appena traslocato, mentre raccoglie ghiande in giardino. Improvvisamente un piccolo animale passa nell’erba proprio davanti a lei. Cercando di seguirlo Mei si perde nella foresta e cade in un grande buco vicino alle radici di un albero. È la tana di un animale che assomiglia a un orso o a un tasso gigante. Tornata a casa, Mei racconta l’avventura al padre e alla sorella maggiore, Satsuki. “Ho visto Totoro”, dice Mei. “Totoro?”, risponde Satsuki. “Forse vuoi dire il Tororu del nostro libro di disegni?”. “Sì”, dice la sorella. Mentre il padre aggiunge: “Mei, hai certamente incontrato il guardiano della foresta”. Mei dunque fonde la creatura immaginaria che ha visto in un libro e l’animale che ha incontrato per la prima volta. E questo, dopo il suggerimento del padre, diventa il “guardiano della foresta”. Solo le due sorelle riescono a vederlo.
Le opere di Miyazaki forniscono materiale sempre nuovo all’immaginazione dei bambini di tutto il mondo, e mostrano che “sulla Terra esistono tante cose che vanno oltre la nostra capacità di comprensione”. Isao Takahata, regista di cartoni animati e collega di Miyazaki, non nasconde la sua ammirazione nei confronti di questo geniale “falsario”: “Miyazaki ha popolato di Totoro tutte le foreste del Giappone. Appena i bambini vedono degli alberi, immaginano che ci sia nascosto Totoro. È la cosa più straordinaria di questi ultimi anni!”.
Il viaggio del Gatto-bus continua fino a Kyoto, ma questa volta siamo tornati ai giorni nostri per incontrare il professore Manabu Murase, specialista di cultura per ragazzi al Doshisha Women’s college of liberal arts e autore del libro Miyazaki Hayao-no fukami-he (La profondità dell’universo di Hayao Miyazaki). Ci spiega Murase: “Le persone chiuse nei loro pregiudizi o che vivono solo in modo razionale non sono capaci di vedere Totoro. Solo i bambini che lasciano libera l’immaginazione possono incontrarlo. E più si è capaci di vedere Totoro, più si gode della vita”. Il mondo creato da Miyazaki con le sue strane creature insegna ai bambini il piacere di vivere. Non serve continuare a ripetergli che “la vita è divertente e vivere è un piacere”. Meglio lasciarli liberi di provare l’eccitazione di scoprire qualcosa di sconosciuto. Pensare che la vita riservi degli incontri inattesi rende il futuro più attraente.
Il professor Murase racconta un aneddoto: “Un ragazzo aveva perduto i genitori durante il terremoto di Kobe, nel gennaio del 1995 e continuava a ripetere allo psicologo che voleva morire anche lui. Poi un giorno ha mormorato: ‘Voglio vivere ancora una settimana’. Quando lo psicologo gli ha chiesto perché il ragazzo ha risposto:
‘Perché voglio aspettare la prossima settimana per vedere il nuovo episodio di Dragon Ball Z’. Gli adulti non devono frenare l’immaginazione e la creatività dei bambini”, aggiunge il professore. “L’eccentricità e le trasformazioni dei personaggi dei cartoni animati di Miyazaki mostrano ai bambini e agli adulti le possibilità offerte dalla vita. Questi film hanno una dimensione unica, al tempo stesso mitologica e universale, e sono apprezzati in tutto il mondo”. Secondo Miyazaki i cartoni animati “permettono di ridare importanza a valori oggi disprezzati, come l’amore, l’amicizia, la giustizia e gli altri sentimenti che danno un senso alla nostra vita. Al giorno d’oggi non è più possibile insegnare questi valori dando lezioni di morale o in un’aula scolastica. I genitori non possono trasmetterli ai loro figli attraverso semplici discorsi”.

Un paese in declino
Adesso sentiamo l’odore del mare, il Gatto-bus sorvola la costa di Kobe per arrivare al college di Kobe. Qui ci riceve il professor Tatsuru Uchida, studioso di filosofia francese. Nel suo ultimo libro, Tokyo fighting kids, ha scritto che “comprendere significa accettare ciò che non si capisce e assorbire informazioni nuove, nuovi modi di pensare”. Questa capacità di “assimilare” deve essere coltivata fin dall’infanzia e Hayao Miyazaki fa “conoscere” ai bambini molte creature strane e mondi inverosimili, attraverso la dimensione dei film d’animazione.
La sera si fa sempre più umida. Il Gatto-bus va a tutta velocità verso sud. Dopo aver superato il grande ponte che collega le isole di Honshu e Shikoku e dopo aver attraversato in un lampo il sud di Kyushu, sorvoliamo le isole del Mar della Cina Orientale. In poco tempo siamo in vista dell’isola di Amamioshima. È qui, nelle otto isole Amami, rimaste lontane dallo sviluppo, che un gruppo chiamato Libera università di Amami, riflette sull’insegnamento e l’istruzione in termini non convenzionali. Questa “libera università” è stata fondata nel 2002 dall’antropologo Ryuta Imafuku dell’università di Sapporo. Per lui è stata l’occasione di rimettere in discussione il sistema giapponese dell’istruzione scolastica – nel quale lavorava da più di quindici anni -, che è basato sulla trasmissione del “sapere” attraverso l’uso della parola. È possibile imparare senza usare la parola? Oppure: come si può imparare quello che non si può esprimere oralmente? “Quando affrontiamo un argomento attraverso le parole, abbiamo la tendenza a semplificarlo”, sostiene il professor Imafuku. E trascuriamo e disprezziamo la realtà che ci viene suggerita dal corpo. Abbiamo perduto l’abitudine di conoscere la realtà direttamente attraverso la nostra sensibilità. Non è forse un errore, si chiede Imafuku, aver separato “l’esperienza” dalla “conoscenza”? “Le opere di Miyazaki sono caratterizzate dal desiderio di rivoluzionare il sapere consolidato”, continua il professore. “Quello che seduce il pubblico è la saggezza della vita quotidiana che emerge dalle immagini, dai suoni, da una sceneggiatura che non ha bisogno di passare attraverso la parola”.
Subito dopo il Gatto-bus volteggia sopra il giardino pensile degli studi Ghibli. Intorno l’oscurità è assoluta, ma Hayao Miyazaki è sempre qui, seduto su una panchina. Improvvisamente il Gatto-bus si lancia su di lui e penetra rumorosamente nella sua mente, dove regnano le tenebre. Sono in pochi a essere pessimisti come lui sulle sorti del Giappone attuale. Miyazaki continua a ripetere che la sua unica speranza sono i bambini. “In un Giappone in pieno declino, quel che mi preoccupa di più non è sapere se l’economia continuerà a crescere o come evolverà il settore multimediale. La mia preoccupazione principale è sapere se i bambini di questo paese stanno bene. Abbiamo trasformato l’infanzia in un periodo durante il quale bisogna investire in previsione dell’età adulta. È assurdo insegnare a scrivere ai bambini della scuola materna. È questa la causa della nostra rovina”. Storicamente nessun’epoca ha eliminato così drasticamente le possibilità di entrare in contatto con ciò che è “strano”. Gli individui incapaci di adattarsi a questa società omologata sono emarginati. La malattia e la morte sono confinate negli ospedali, le persone anziane nelle case di riposo. Non solo ci allontaniamo dalla natura, ma ci viene nascosta la sporcizia e siamo circondati da disinfettanti. Le relazioni umane subiscono la stessa sorte, la nostra cerchia di amicizie è limitata. Respingiamo chi non condivide i nostri valori o la nostra sensibilità e ci circondiamo solo di persone simili a noi. Secondo il professor Uchida “l’essere umano sta perdendo una capacità essenziale: quella di poter vivere accanto a chi non gli piace”. E secondo il professor Imafuku “oggi l’istruzione va in crisi di fronte a quello che non può essere espresso a parole o di cui non si capisce il senso. Ma chi ci obbliga a seguire sempre la stessa strada?”.

L’arma segreta
Nel suo recente Miyazaki anime no ango (Il codice segreto dei cartoni animati di Miyazaki), Hiroshi Aoi propone un altro punto di vista: “Per Hayao Miyazaki la maggior parte dei problemi relativi ai conflitti etnici, alle armi nucleari, al degrado ambientale o alla discriminazione razziale deriva dalle religioni monoteistiche o dalle scienze che si basano su una verità assoluta”. A sua volta Tadashi Shimizu, professore presso l’università Nihon, scrive in Miyazaki Hayao-o yomu (Leggere Hayao Miyazaki): “Miyazaki crede nel panteismo e nell’animismo. Ogni essere vivente, ogni oggetto ha una sua divinità e una sua personalità. Ogni essere vivente, ogni oggetto è abitato da un dio.
Secondo lui finché l’umanità non riprenderà familiarità con questo concetto, sarà impossibile risolvere i problemi fondamentali del nostro tempo. Miyazaki prova una sofferenza simile a quella di Dostoevskij”. Nel Castello errante, Howl, dopo aver visto dei grandi aerei da guerra volare in cielo, racconta a Sophie, una ragazza trasformata in una vecchia di novantanni: “Bruceranno le città e gli uomini”. “Nemici o alleati?”, chiede Sophie. “Che importanza ha? Siamo tutti colpiti da una grande maledizione”, risponde Howl in un’altra scena. Come fare per ritrovare la capacità di vivere in armonia con un vicino fastidioso? Per accettare le strane sembianze assunte dagli dèi? Per sbarazzarci di questa complessa maledizione? Il “falsario” Miyazaki ci fornisce la sua arma segreta: i cartoni animati.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

Internazionale 606, 2 settembre 2005

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