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IL PADRINO: NEPPURE UNA VOLTA LA PAROLA ‘MAFIA’!

Giacomo R. Carioti incontra a Roma il giovane produttore del 'Padrino', Albert S. Ruddy, con cui ricostruisce la storia del film

di Giacomo R. Carioti

È il film più atteso fra quelli annunciati per la prossima stagione cinematografica, il film di cui da mesi già si parla, spesso in toni clamorosi, sulla eco dello scalpore suscitato dalla pellicola in America, durante la lavorazione ed i primi mesi di programmazione. Ne sono state dette di tutti i colori, lo ripetiamo, e spesso si è andati oltre i limiti della credibilità, nel campo della montatura pubblicitaria. Abbiamo nei giorni scorsi avuto l’occasione di incontrare a Roma il giovane produttore del Padrino, Albert S. Ruddy, ed abbiamo provato a ricostruire con lui la storia di questo film, che dovrà finalmente uscire anche in Italia, il 20 settembre prossimo (sembra siano previste nelle grandi città programmazioni contemporanee in più sale, per contenere in qualche modo la ressa di pubblico, calcolata dalla distribuzione in termini mai verificatisi prima d’ora).

Nel corso della nostra conversazione Ruddy ci ha narrato l’intera «storia» che sembra stia dietro il film, accalorandosi in maniera sorprendente, e dimostrando grandi doti di attore, qualità questa che ci viene confermata leggendo la sua biografia ufficiale, che dice come il Ruddy sia riuscito ad entrare nel mondo del cinema proprio dirigendo ed interpretando egli stesso un film televisivo, quando ancora la sua professione era quella di programmatore elettronico. Ruddy ha esordito affermando che II Padrino è un film fatto da tante persone che, prima di iniziarlo, « morivano di fame »: oggi sono tutti ricchi, grazie all’enorme successo che la pellicola sta conseguendo nelle sole prime settimane di programmazione in America. Mario Puzo, autore del libro e della sceneggiatura, era in particolare il più povero di tutti: un bel giorno si presentò alla Paramount con cento pagine dattiloscritte, frutto di qualche notte di lavoro, e disse ai dirigenti «Signori, io sto scrivendo una storia eccezionale sulla mafia, ci si può fare un film di grande successo; queste sono le prime pagine, ma se volete che continui dovete anticiparmi subito diecimila dollari, con i quali io possa mantenere mia moglie e i miei cinque figli per un po’ di tempo». I capi della Paramount rimasero ovviamente sconcertati, la storia sembrava buona, ma non erano convinti della opportunità di fare un nuovo film sulla mafia, dopo tanti fallimenti, come quello della Fratellanza con Kirk Douglas. Però, forse incuriositi dalla singolarità del personaggio e della sua richiesta, mollarono i dollari, e Puzo andò fino in fondo.

Un inizio così patetico e romanzesco non poteva avere che un originalissimo seguito: sentite infatti cosa successe per la scelta del protagonista.

Il «padrino», figura presente solo nel 40 per cento della storia, doveva incombere con la sua forza caratteriale su tutto il film: per questo occorreva un attore di formidabile grinta e di personalità spiccatissima. Ruddy pensò immediatamente a Marion Brando e andò a proporlo senza pensarci due volte al presidente della Paramount; questi, non appena sentì pronunciare il nome di Brando fece un salto sulla sua poltrona e sbraitando disse: «Marlon Brando è un bidone, è finito, tutti i suoi ultimi film sono dei fallimenti! Fin quando io sarò presidente, Brando non metterà piede nei nostri studi!». Il povero Ruddy, avvilito (Marlon Brando fu fra l’altro il «padrino» di Ruddy nel settore della produzione cinematografica, avendolo assunto anni addietro nella sua «Pennebaker Productions») per il veto nei confronti del suo amico, ma ossequiente alle superiori disposizioni, si mise docilmente alla ricerca di tutti gli attori «grintosi» di Hollywood, facendo loro, insieme al regista, dei provini a domicilio con un videoregistratore giapponese. Quando l’esito dei vari provini sembrava avere orientato definitivamente la produzione verso la scelta di Anthony Quinn, Marlon Brando si fece vivo con una telefonata a Ruddy: «Ho saputo che state facendo dei provini per un film sulla mafia, vorrei provare anch’io!». «Ma, Marlon — replicò Ruddy — non mi sembra dignitoso per un attore del tuo stampo subire un provino; poi sai che la produzione non sarebbe molto d’accordo…». « Non preoccuparti — troncò Brando — non è necessario che tu faccia il mio nome, il mio sarà un provino come tutti gli altri». Per farla breve, Ruddy fece il provino a Brando il quale si truccò da solo, impomatandosi i capelli con lucido per scarpe ed impersonando in un monologo la figura di un boss mafioso. Il provino finì nel minestrone con tutti gli altri e fu visionato dal presidente della Paramount. Inutile dire che quest’ultimo ne rimase profondamente colpito ed entusiasta, decidendo seduta stante che quello avrebbe dovuto essere il protagonista del Padrino. Unica, grossissima difficoltà (poiché lui non aveva riconosciuto Marlon Brando), il fatto che quest’attore sconosciuto, forse neanche un attore ma solo un autentico italiano meridionale da poco immigrato in America, difficilmente avrebbe potuto «reggere» in una parte così impegnativa: insomma, la faccia c’era ma mancavano le referenze. Quando Albert Ruddy (che aveva seguito, sogghignando sotto i baffi, tutta la scena) spiegò al presidente della Paramount che quel misterioso personaggio era nientemeno che Marlon Brando, il povero presidente per poco non ci rimane. Due tragiche alternative si presentavano infatti al meschino: o rimangiarsi il suo entusiasmo o dimettersi dalla sua alta carica, per coerenza con le dichiarazioni perentorie fatte all’inizio. Ma la faccenda venne risolta su due piedi, all’impronta di un geniale sense of humour: «La persona che io ho scelto quale protagonista del film non ha nome: è per me un meraviglioso sconosciuto, voi soli sapete che si tratta di Marion Brando. Facciamo finta che non me lo abbiate rivelato». E così tutti sono rimasti felici e contenti, con Brando protagonista e presidenza invariata.

Un capitolo a parte merita la drammatica vicenda dei rapporti intercorsi fra Albert Ruddy e lo stato maggiore della mafia americana. Mettiamo da parte, per non dilungarci troppo, i normali attentati all’automobile di Ruddy, le telefonate minacciose, le pressioni ad ogni livello esercitate per impedire che il film venisse fatto. Arriviamo subito alFoceanico incontro-spettacolo organizzato da Joseph Colombo per la «Lega dei diritti civili degli italo-americani», al quale hanno partecipato Frank Sinatra e Sammy Davis jr. che si sono esibiti di fronte a diciottomila persone, col generoso concorso delle quali si è riusciti a raccogliere la bella somma di 600.000 dollari. Colombo prese questo gruzzolo e andò a sventolarlo sotto il naso di Ruddy dicendo: «Questi serviranno per tagliarvi le gambe». Al che il giovane produttore, ora un po’ impensierito, replicò: «Ma cerchiamo di metterci d’accordo». «Se vuoi metterti d’accordo con me — disse Colombo — devi togliere dal film tutti i nomi ed i riferimenti italiani!». «Con tutta la mia buona volontà — replicò Ruddy — questo non è possibile. Cosa ne sarebbe della storia se il “padrino” fosse impersonato da un irlandese ed il suo avvocato fosse un negro? Sentiamo un’altra proposta». «Allora — concluse deciso Colombo — devi almeno togliere dal film tutte le parole come: “mafia”, “Cosa Nostra” e simili. D’accordo?». «Affare fatto!», esclamò felice Ruddy, ed il patto venne suggellato da una vigorosa stretta di mano. Solo oggi Albert S. Ruddy è in grado di rivelare al mondo il piccolo tranello nel quale sarebbe caduto Joseph Colombo: «Infatti nel copione del film, che nessuno all’infuori di me e Puzo conosceva nei minimi particolari, la parola “mafia” non era già mai nominata, mentre per una sola volta si diceva “Cosa Nostra”: con il minimo sforzo, come si può constatare, ho fatto felice Colombo e mi sono assicurato la sua protezione!».

Così, mentre tutto procedeva nel migliore dei modi ed il film veniva girato senza ostacoli con il gradimento di Colombo, quest’ultimo subiva improvvisamente, nell’uscire da uno «studio» dove si era recato a trovare Ruddy, il feroce attentato in conseguenza del quale ancor oggi si trova in pericolo di vita. Proprio in quel preciso istante, ci ha detto Ruddy, si stava girando sul set del Padrino una sparatoria in tutto simile a quella vera. E anche quella vera era stata ripresa da una delle tante telecamere che in America sono piazzate ad ogni angolo di strada. Così quella sera i telespettatori insieme alla cronaca nera si videro trasmettere sui domestici schermi alcune scene del film in lavorazione, tanto per mettere in risalto la coincidenza. La cosa non finì lì poiché nei giorni seguenti si scatenò a New York una sanguinosa guerriglia fra bande rivali per la necessaria successione al vertice: anche in questi casi le scene «vere» furono riprese dalle telecamere stradali, e negli studi della Paramount furono girate delle scene perfettamente sovrapponibili alle prime; cosicché per molte sere, durante il telegiornale, gli schermi televisivi presentarono contemporaneamente, in due metà, le sorprendenti riprese «parallele». Non abbiamo chiesto a Ruddy se alla faccenda fosse anche abbinato qualche concorso a premi per chi fosse riuscito ad individuare le differenze: anche se tentati, ci sembrava forse un po’ troppo irrispettoso nei confronti di fatti che, pur nel racconto di Ruddy, conservavano una loro cruenta tragicità. Correvamo poi il serio rischio che Ruddy non si limitasse ad un sorrisetto compiacente, ma ci rispondesse invece che il suddetto concorso effettivamente c’è stato. Al che ci saremmo probabilmente alzati con sdegno dalla nostra poltrona e non avremmo fatto in tempo a raccogliere le ultime dichiarazioni del simpatico Ruddy, che sono state invece le seguenti: primo, che egli stesso riconosce che le coincidenze suaccennate hanno determinato una enorme pubblicizzazione del film, per cui sembra che da allora in America non si sia parlato d’altro; secondo, che a suo parere la mafia americana non è poi tanto più criminale di molte altre organizzazioni o attività legali, vedi guerra del Vietnam (e prova ne sia — egli afferma — che malgrado la mafia sia dal punto di vista economico facilmente isolabile ed eliminabile negli Stati Uniti, non si provvede perché si riconosce alla organizzazione una capacità operativa di livello superiore a tutte le altre e tutto sommato estremamente utile); terzo, che già sta pensando alla realizzazione del «Padrino / Parte 2a», di cui Mario Puzo cura da qualche tempo la sceneggiatura.

Questo il succo del nostro colloquio con Albert S. Ruddy, produttore fortunato ed attore brillante «dal vivo» senza pari.

Il Dramma, A. 48, n. 7-8 (luglio-agosto 1972), pp. 103-107

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